
Dopo il clamoroso e inatteso successo di Ferrovie del Messico, Gian Marco Griffi torna in libreria con un romanzo-monstre di 1.024 pagine: Digressione (Einaudi).
Griffi, il suo primo libro aveva 228 pagine. Il secondo ne aveva 824. Ora è uscito Digressione, che ha 1.024 pagine. La foresta amazzonica deve temere in vista del quarto?
«Ho verificato che Einaudi lo stampasse su carta certificata FSC, proveniente da foreste gestite in modo sostenibile, perciò l'Amazzonia non ha nulla da tenere. Scherzi a parte, se la domanda allude alla mole del libro, be' devo ammettere che non sarei riuscito a scrivere meno pagine, né me l'ha chiesto l'editore, che anzi mi ha lasciato libero su tutto, purché rispettassi i tempi di consegna».
Lei ha confessato di aver saputo a fine ottobre 2024 che il libro sarebbe uscito all'inizio di giugno e che in quel momento non aveva ancora buttato giù una riga: come si fa a scrivere un romanzo di mille pagine in sei mesi?
«Ci si fa il culo. Einaudi non mi ha imposto nulla, ma io ho follemente accettato questa scadenza perché sentivo di aver bisogno di una data fissa, altrimenti non sarei mai riuscito a partire. Avevo alle spalle moltissimo lavoro preliminare e centinaia di pagine di appunti, ma non avevo ancora scritto nulla. Sono stati sei mesi terrificanti: per mia moglie sono diventato una specie di sconosciuto e ho voluto salvaguardare almeno un'ora al giorno per giocare con mio figlio. Per il resto è stata unimmersione totale nella scrittura durata circa tre mesi, poi altri tre li ho passati alla revisione del romanzo in compagnia dei miei editor Giulio Mozzi e Greta Bertella».
Si dice che Digressione sia un'opera ucronica, dove lei riscrive una specie di storia parallela e la sua Asti assume un ruolo centrale nella storia d'Italia.
«Ma no! Asti rimane un luogo di provincia anche in Digressione, ma è centrale nella trama perché lo è per me, ci vivo da sempre. Anzi, il protagonista abita nella mia stessa strada, via Massimo d'Azeglio, così come vi abitava il Cesco Magetti di Ferrovie del Messico. Quanto alla definizione di romanzo ucronico, è senz'altro fondata, non fosse altro perché Arturo Saragat, il protagonista, si muove in una città immaginaria da quando ha diciott'anni fino alla vecchiaia, nel 2054. Più di metà libro si svolge nel futuro, tra il 2027 e appunto il 2054, ma non solo ad Asti. Compare ad esempio una Pantelleria divisa a metà da un muro, come Cipro: da un lato ospita una specie di Las Vegas mediterranea, dall'altro una baraccopoli di immigrati. E c'è anche un Benito Mussolini che non è stato fucilato ma mandato in esilio in varie isole e finisce proprio ad allevare asinelli a Pantelleria. Però Digressione non è soltanto un romanzo ucronico, è anche verista, oserei dire neorealista: racconta le storie degli ultimi, di chi sta ai margini della società».
Una caratteristica essenziale di Digressione è l'uso pirotecnico della lingua, che lei impiega in modo versatile, utilizzando forme gergali, pastiche dialettali, idiomi alti e pop...
«A me piace scrivere in questo modo, è il mio stile e credo che lo adotterei anche se dovessi dedicarmi al romance o alle spy-story. Presto molta attenzione e molta cura al linguaggio, non sopporto la scrittura sciatta. Nei miei testi alterno registri diversi, a seconda dei soggetti che parlano, ma è un lavoro artigianale che svolgo prima ancora di scrivere il romanzo, fa parte dell'attività preliminare. La scrittura è un procedimento artificiale, però al lettore deve sembrare spontaneo, non deve accorgersi di quanto lavoro c'è dietro».
Hanno scritto che nella sua opera si trovano tracce di Borges, Bolaño, Calvino, Pynchon e Philip Dick. Quali sono i suoi riferimenti letterari?
«Sono tutti autori che ho letto e apprezzo molto, ma credo che nessuno di loro abbia influito più di tanto sul mio modo di scrivere. Invece senza Beckett e Gadda sarei un autore molto diverso. In particolare dallo scrittore irlandese ho imparato che non c'è niente di più comico dell'infelicità. Soprattutto della propria, aggiungo io».
Ferrovie del Messico venne pubblicato da un piccolo editore, Laurana, e ha venduto 60 mila copie. Ora lei esce con un colosso come Einaudi e ci sono enormi aspettative: non sente l'ansia da prestazione?
«L'ho avuta per un anno e mezzo, dopo aver firmato il contratto, perché non sapevo se sarei stato in grado di partorire un romanzo della stessa portata. Poi l'ansia è tornata appena prima di mettermi a scrivere, ma non appena ho iniziato tutte le paure sono scomparse. Ho dato il meglio di me, il romanzo potrà piacere oppure no ma nessuno mi potrà accusare di averlo buttato giù alla bell'e meglio solo per rispettare una scadenza. Adesso sono tranquillo, le classifiche non mi interessano. Non credo di essere uno scrittore di best-seller, un autore da centomila copie. In questo caso parto con il vantaggio di una grande macchina distributiva e di marketing, ma resto convinto che alla fine la differenza la facciano sempre i lettori».
Come dimostrano i finalisti dello Strega, l'editoria italiana punta su microstorie individuali e vicende ansiogene e psicologiche scritte con uno stile social. Lei viceversa scommette su macrostorie sovradimensionate, personaggi inverosimili, fantasie ipertrofiche, una scrittura ricca e ipertestuale e una vena comica da commedia all'italiana. Coraggioso o irresponsabile?
«Coraggioso non so, irresponsabile di sicuro. Però mi interessa scrivere questo genere di libri e con questo stile. Va sottolineato, tuttavia, che in Digressione conta molto l'introspezione del protagonista, che è pervaso da un enorme senso di colpa e dall'angoscia per non aver saputo impedire il male quand'era ragazzino.
Il riferimento è a un atto di bullismo al quale lui ha preso parte e che non riesce a perdonarsi, cercando una redenzione. Poi, come mi è congeniale, anche questo senso di colpa è declinato in modo comico, ironico... In definitiva questo romanzo è una tragicommedia».