«Ho ucciso la mia donna, voleva lasciarmi»

Saranno pure una rarità, ma quando arrivano, mettono a segno un colpo talmente potente che diventa difficile schivarlo. Un colpo a volte addirittura letale. Ma l’aspetto più grave delle malattie rare è che, a causa della carenza di mezzi e delle conoscenze mediche e scientifiche, c’è grande difficoltà a ottenere dalle strutture e dagli operatori sanitari una diagnosi appropriata, l’attesa della quale a volte si protrae per anni. A questo tipo di patologie, stimate tra le 6mila e le 8mila, non sono insomma dedicate le necessarie attenzioni, tanto è vero che spesso vengono etichettate, e tristemente, come «orfane».
Lo stesso termine può tranquillamente applicarsi ai farmaci che, a causa della frammentazione delle singole patologie, faticano a incontrare l’interesse delle case farmaceutiche. È per questo che il gruppo del Pdl alla Regione Lazio ha presentato tempo fa una proposta di legge regionale che istituisce un Fondo delle malattie rare a cui attingere per promuovere la ricerca delle patologie e delle relative cure, garantire ai malati e alle loro famiglie un’adeguata assistenza economico-sociale e la parità di accesso a profilassi, diagnosi e terapie.
«Con il Fondo si potrebbe consentire agli affetti da malattia rara la tempestiva presentazione delle cure idonee e la costante assistenza terapeutica dei pazienti, l’erogazione dei medicinali, dei dispositivi medici e dei servizi diagnostici, assistenziali e riabilitativi necessari a rendere agevole la reperibilità e disponibilità dei dispositivi e servizi presso le strutture del servizio sanitario regionale», precisa il consigliere Erder Mazzocchi, primo firmatario della proposta di legge.
Al contrario di quanto si possa credere a prima vista, la bassa prevalenza nella popolazione - circa 5 persone ogni 10mila abitanti colpiti da questi morbi - non significa che gli individui affetti da malattia rara siano pochi. Basti pensare che in tutto il Lazio se ne contano più di 5mila, numero che, calcolato sull’intera penisola, sale a più di cinquantamila.
Dai dati del Registro regionale delle malattie rare, attivo da aprile 2008, risulta che nell’ultimo anno a Roma il centro/presidio più attivo è l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che con i suoi 2012 pazienti ospitati fa la parte del leone insieme al Policlinico Umberto I che ha curato 1705 individui. Seguono a ruota: il Policlinico Gemelli con 788 soggetti curati; il San Camillo-Forlanini con 321; l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (Idi) con 283; l’azienda universitaria di Tor Vergata con 113; gli Istituti Fisioterapici Ospedalieri con 64; il San Filippo Neri con 57; il San Giovanni Calibita Fatebefratelli con 18; il Santa Lucia con 13.


C’è anche chi - come l’Istituto Mediterraneo di Ematologia e l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata San Carlo di Nancy - nella casella delle schede dei pazienti convalidate ha apposto il numero 0.
I presìdi, dunque, non mancano. Ma per accelerare i tempi di diagnosi e cura e per una ricerca più efficace serve la mano amica della Regione.

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