Eugenio Vagni è dimagrito e debole dopo sei mesi nella mani dei militanti islamici di Abu Sayyaf nella giungla filippina. I suoi familiari, invece, logorati da 178 giorni di angoscia e paura per una liberazione di cui si cominciava ormai a disperare. Poi, nella serata di ieri arriva la telefonata più importante. Quella attesa da settimane. Finito lincubo, Vagni si precipita a dare sue notizie alla moglie: Khwanruean Phungketl, filippina di 35 anni, conosciuta e sposata in uno dei suoi tanti viaggi. La donna che da un mese è nel suo Paese assieme ai due figli per seguire più da vicino le trattative. Fonti diplomatiche italiane raccontano che la voce è sicura e non mostra segni di sofferenza. Anche la Farnesina fa sapere che «è in buone condizioni di salute». E pare che il primo desiderio espresso sia stato «mangiare pesce».
Subito dopo la moglie, il pensiero va agli altri parenti più stretti. «Sto bene, ho tanta voglia di vedervi e spero di tornare presto in Italia». Sono le parole che lex ostaggio, operatore della Croce Rossa internazionale, ha rivolto al fratello Francesco. È lui quello che ieri sera si è aperto di più con la stampa. Che ha raccontato il calvario di mesi di tensione e attesa, nel silenzio della stampa e dellopinione pubblica nazionale. «Ci sono stati momenti in cui ho creduto che non tornasse più. Invece tutti hanno fatto limpossibile perché ciò accadesse. Ora la gioia è immensa. Ma la gioia sarà ancor più grande quando lo vedrò scendere dallaereo che lo riporterà in Italia assieme alla sua famiglia». Francesco Vagni non sa quando potrà riabbracciare Eugenio: «Può darsi che torni anche tra sette giorni. Al rientro sta pensando anche la Croce Rossa». E dopo lo sfogo, i ringraziamenti: «Devo dire grazie a tutti. Al sindaco di Montevarchi Giorgio Valentini, a quello di Firenze Matteo Renzi, al presidente della Regione Claudio Martini che mi ha appena chiamato, al consigliere regionale Enzo Brogi. Ma quelli particolari vanno alla Croce Rossa e al ministro Frattini e a tutti i suoi collaboratori. Tutti i giorni siamo stati in contatto abbiamo condiviso le buone e le cattive notizie, fino a quella stupenda di questa sera». Poi la speranza, più umana e naturale, dopo unesperienza così drammatica: «Spero che non riparta più o che lo faccia per farsi una casa in quei Paesi che lui ama. Spero che capisca che non sia più il caso di rischiare la vita con le sue missioni di lavoro allestero, anche se lui lo fa per il bene delle persone più deboli. Ora è il momento che pensi alla sua famiglia».
«Siamo felicissimi, ma lo saremo ancora di più quando lo vedremo», riesce a dire tra le lacrime Marisa, la cognata di Eugenio Vagni, moglie del fratello Romeo.
A Montevarchi, il paese di Eugenio in provincia di Arezzo, le campane hanno suonato a festa. Liniziativa è stata del parroco di Santa Maria del Giglio, Mauro Frasi: «È stato un modo per far sapere a tutti la notizia e per mostrare la nostra gioia».
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