A Hollywood grasso è bello Ora le taglie forti «sfondano»

da New York
Hollywood diventa super size. E gli image maker sono pronti ad accettare star con numerosi chili in più, probabilmente per adattarsi a un’America che diventa sempre più obesa.
A ingrassare non sono certo le starlette in cerca d’autore, più anoressiche che mai, ma i divi che hanno già raggiunto il successo ma sperano ancora in un copione da oscar.
Se da un lato ci sono attrici (e attori) magrissimi, come Angelina Jolie e Jude Law (impegnato in un mega ritorno con un carnet di ben sette pellicole), dall’altro canto la lista degli attori super size è lunghissima. A partire da Jessica Simpson a Queen Latifah, Mo’Nique, Kirstie Alley, Kathleen Turner, Kelly Le Brock fino a, Rachel Hunter, Anjelica Huston e Janet Jackson, i rotocalchi USA le stanno sbattendo in prima pagina (per la loro mole) accanto a Chevy Chase, Nick Nolte, Randy Quaid, Steven Seagal, Alec Baldwin e molti altri.
A Hollywood il grasso abbonda sui fianchi degli ultraquarantenni e fa riflettere: se da un lato il loro lifestyle abbonda di alcol e droghe, dall’altro lato l’allarme lanciato dalla first lady Michelle Obama sembra davvero non riguardare solo le classi meno abbienti - gli obesi figli dei ghetti col loro orripilante fast food - ma anche i divi da oscar che avrebbero sia i mezzi che le opportunità per mettersi a dieta. Ovviamente molte star non tengono più alla linea, o forse non si sentono tanto diversi da un’America in cui le statistiche degli obesi salgono alle stelle. Così le palestre e le diete, per molti divi di Beverly Hills, sono considerate alternative quasi sataniche ad una vita in cui non ci si nega più nessuna caloria.
Che il grasso stia diventando la norma anche nel cinema? I critici USA se lo domandano proprio mentre torna sullo schermo la giovane attrice che, più di chiunque altro, rappresenta lo sfascio fisico: Gabourey Sidibe, nominata nel 2009 per un oscar per la tristissima pellicola Precious, che raccontava la drammatica e dura storia di una ragazza fortemente obesa perennemente umiliata dalla madre e vittima degli abusi sessuali del padre, del quale rimane incinta due volte.
Il film era profondo e bellissimo, ma era la sua mole che aveva strabiliato gli americani. Figlia di una cantante di strada newyorchese e di un tassista senegalese, la Sidibe era diventata attrice quasi per caso, quando un giorno aveva letto un annuncio che diceva: «Cercasi donna afroamericana oversize, di età compresa tra i 18 e i 25 anni». Vedendola, così immensa e con un sorriso dolcissimo da bambina, il regista Lee Daniels le aveva subito affidato la parte ma era stata la sua mole (e non il talento, che lei ha da vendere) a stuzzicare gli americani. Il conduttore radiofonico Howard Stern aveva esclamato: «Questa ragazza è una balena immane, non farà mai carriera a Hollywood». E durante la promozione di Precious la Sidibe era stata trattata come un fenomeno da circo, con le smancerie riservate ad una bambina ritardata. Poi però era arrivata la prima serie televisiva, The big C, nella quale l’attrice ventottenne ha dimostrato di avere talento da vendere. E adesso Hollywood torna ad abbracciarla. Esce a novembre il suo secondo film, Tower Heist, nel quale la Sidibe si affianca a Eddie Murphy, Téa Leoni, Alan Alda, Matthew Broderick e Ben Stiller. Quest’ultimo interpreterà il manager super-indaffarato a capo di un grattacielo di lusso che, assieme ad altri membri dello staff, ha perso la pensione a causa di una truffa del loro datore di lavoro, in stile Bernie Madoff.
Non solo commedia però la Sidibe ha interpretato anche la pellicola Yelling to the sky. È la diciassettenne Swetness O’Hara, abbandonata a vivere da sola in un pericoloso ghetto infestato da gang, in un ritratto di un’America disperata come quella di Precious.

Ma gli americani, che si stanno abituando ad un nugolo di divi super size, la tratteranno ancora come un fenomeno da baraccone? Molti critici sono convinti che la Sidibe verrà ammirata più per il talento e per il coraggio con cui mette in mostra un corpo sfasciato dicendo: «Mi devo voler bene così come sono, così come mi vedo nello specchio ogni mattina. Mi accetto per quello che sono».

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