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Holyfield o il pugilato: per chi suona il gong?

Uno sport antico si aggrappa a pochi nomi per sopravvivere. A Zurigo un palasport in delirio per l’americano sconfitto nel mondiale dei massimi

Holyfield o il pugilato:  
per chi suona il gong?

Zurigo - Non sarà una tranquilla vecchiaia quella di Evander Holyfield, se ripenserà a quella sera a Zurigo. Quella sera, l’altra sera, la boxe ha dimostrato che esiste un posto per gli immortali ed un altro per i trovatelli che pur abbiano sembianze e dimestichezza di un gorilla. Nikolay Valuev è rimasto campione del mondo dei massimi Wba per grazia dei giudici. Ma la sua boxe, elefantiaca, elementare, lenta ed impacciata, ha detto che non sarà mai nel gotha e nemmeno nei ricordi benevoli. Primo Carnera era definito l’Alpe che cammina, o peggio il gigante dai piedi d’Argilla, ma conosceva la boxe e l’ha saputo dimostrare. Carnera ha vinto e perso il mondiale lasciando dubbi, ma anche certezze. Valuev lascia solo dubbi. E l’Hallestadion di Zurigo, tredicimila anime scatenate ad ululare contro il russo e ad applaudire la vecchia gloria, è stato un trepidare di delusione quando Holyfield ha abbassato la testa ascoltando i verdetti dei giudici.
«Camposanto», l’altra sera, avrebbe potuto perdere contro chiunque altro: la sua boxe ormai è istinto, non più precisione chirurgica, voglia di essere ed impossibilità del fare. Ma non aveva perso, come ha ripetuto dopo il match, come hanno sostenuto gli scatenati giornalisti americani. Difficile guardare al futuro. Magari la sconfitta gli verrà compensata con un altro ingaggio per metter a posto i conti di casa. «Ma devo pensarci bene. La mia vittoria è aver dimostrato che potevo ancora stare sul ring. Se non combatto per un mondiale, non combatto più», ha concluso lui forse ricordando i suoi 46 anni e l’usura dell’allenamento.

Non c’è molto nella boxe di oggi, soprattutto in quella dei pesi massimi che ha pericolosamente spostato la sua età verso gli over quaranta e dintorni (ora anche la federazione italiana permetterà di scavalcare quella linea). Si è dovuta aggrappare ad una icona come Holyfield per contrastare il dominio dell’est. C’è stato un tempo in cui gli americani andavano a caccia della speranza bianca. Perso Rocky Marciano, non sapevano a chi affidarsi. Oggi vanno a caccia della speranza, foss’anche nera. Il vento dell’est non tira, soprattutto nel business. Guardi le facce, vedi la boxe, leggi le carte d’identità e capisci che c’è poco da sfogliare: i due fratelli Klitschko (Vitaly 38 anni e Wladimir 32) sono prodotti dei tempi grami ma i campioni del mondo più titolati (Wbc Vitaly, Ibf l’altro). Valuev, uomo cannone, ha ben 35 anni. Due ucraini e un russo: servono solo agli affari tra Germania ed est europeo. Il recente campione d’Europa, Matt Skelton, inglese che ha sconfitto Vidoz, 41 anni e nessun curriculum di rispetto, probabilmente non servirà a nessuno.

George Foreman è stato il più vecchio campione dei pesi massimi, a 45 anni e 299 giorni. I pesi massimi sono la terra del non è mai troppo tardi. Jack Johnson, primo nero campione del mondo, ha combattuto fin oltre i 50 anni. Archie Moore ha superato i 49 anni. Larry Holmes ha provato un mondiale a 45 anni. Alì si è fermato a 39 anni, dopo due incontri indecorosi. Joe Louis, a 37 anni, si è fatto distruggere da Rocky Marciano. Tutti o quasi non hanno colto l’ultima campana: fame di danari, voglia di tornare nell’unico angolo del mondo, il ring, in cui si sono sempre sentiti padroni. E così oggi: non ci sono campioni, ci sono le icone. La presenza di Holyfield ha mandato in delirio 13mila persone, alcune hanno pagato anche 1.

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