I big non ci mettono la faccia il Pd lombardo ora ha paura

Il Pd (milanese) suona la sveglia al Pd. Giuseppe Civati, consigliere regionale e anche membro della direzione nazionale del partito, è arrivato a rivolgere un appello su internet ai leader del suo partito per sostenere la corsa di Giuliano Pisapia a Palazzo Marino. In un post pubblicato ieri mattina nel suo blog, riepiloga che «Enrico Letta, oggi (ieri, ndr) a Repubblica dice che è stato a Milano due volte, Pierluigi Bersani e Rosy Bindi una. Forse si può fare uno sforzo più vistoso, no?». Mentre dal palco del teatro Nuovo domenica il premier Silvio Berlusconi ha lanciato il programma del Letizia Moratti bis, innalzato la sfida milanese a un test nazionale e chiuderà la campagna elettorale con un grande evento organizzato dal Pdl il 7 maggio, quando con il Cavaliere e il sindaco potrebbe salire questa volta sul palco anche il senatur Umberto Bossi, Civati lancia la contro-manifestazione. «Cresce la consapevolezza che si tratti di una partita decisiva e, sotto il profilo politico, anche l'unica a disposizione, come il vostro affezionatissimo sostiene da tempo - scrive ai suoi compagni di partito in rete -. E allora, faccio una proposta. Tutto il Pd, ma proprio tutto, iscritti, militanti, simpatizzanti e dirigenti, a far campagna a Milano il 7 maggio. Un banchetto, un volantino, un incontro, un sandwich. Come una volta. Come sempre». Quel «porta-a-porta - fa presente - che si vide troppo poco l'autunno scorso» ossia in occasione delle primarie «può essere il segnale di una primavera diversa, nella città di Berlusconi». Iscritto come il sindaco di Firenze Matteo Renzi tra i rinnovatori del centrosinistra, Civati vuole a organizzare «un grande appuntamento pacifico e democratico, quartiere per quartiere, piazza per piazza per sostenere la sfida di Pisapia» per parlare di Expo, lavoro, urbanistica, buona amministrazione.
Anche i radicali due giorni fa hanno bussato al Pd. La vicepresidente del Senato Emma Bonino spera che «non si ricominci come alle Regionali in Lazio, dove io non ero del partito. Se ogni volta che c’è un candidato possibile non di “famiglia stretta” ci si investe non il necessario non è un gran modo di ragionare né di costruire l’alternativa». Ma ha ammesso anche la Bonino, che si è candidata come il leader Marco Pannella nella lista milanese dei radicali per alzare l’attenzione sulla sfida sotto la Madonnina, «a parte la presenza di un candidato dei grillini, che toglie voti a Pisapia in una operazione che trovo discutibile, credo che i vertici del Pd non abbiano colto l’importanza di Milano dal punto di vista politico e del possibile mutamento o scricchiolio di un sistema di potere costruito in tanti anni». E «non mi pare - ha sottolineato - che ad oggi l’importanza di Milano sia stata ancora colta dai leader nazionali del Pd, forse si riservano per le ultime settimane».
Ma se il premier domenica ha sfidato la sinistra (a Milano «vinceremo al primo turno e prenderò più voti del 2006, sarà una risposta a chi dice che il berlusconismo è finito»), Bersani non ci sta «a radicalizzare la battaglia per le amministrative.

Il voto è un test nazionale? D’accordo, ma non è un referendum su Berlusconi sì o Berlusconi no». Il segretario del Pd chiede «di votare per la città e il Paese». Eppure assicura: «Sulle amministrative e in particolare a Milano siamo ottimisti».

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