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«I bimbi bielorussi soffrono per l’amore a intermittenza»

Il giudice Luigi Fadiga: «Ogni anno arrivano in 26.000 e le adozioni sono 160. Gli altri tornano a patire. Così non si può andare avanti»

«Io dico basta con questa crudeltà inaudita: sono tanti i bambini che dopo questi soggiorni si rifiutano di tornare nel proprio Paese e vi sono stati rimandati alla fine con enormi sofferenze a seguito della decisione di un giudice. Cernobil dopo vent’anni c’entra ormai poco. Sui 41mila bambini che arrivano ormai da anni in Italia, spesso sempre gli stessi, occorre un ripensamento legislativo».
Luigi Fadiga, ex presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma e consigliere della Corte di Appello nella sezione minori, punta il dito su un fenomeno che «nel corso del tempo ha cominciato a presentare parecchi problemi e inconvenienti e che la giustizia dei tribunali da sola non può risolvere». Il magistrato ha una lunga esperienza nel campo e le sue indicazioni sono ascoltate da gruppi importanti come l’Associazione Nazionale delle famiglie Adottive e Affidatarie, una delle maggiori in Italia.
Di quali problemi parla?
«Intanto ci sono interferenze e sovrapposizioni con l’adozione internazionale... Ma la tragedia è che l’esperienza del soggiorno temporaneo provoca in questi bambini un grave disorientamento».
Si spieghi meglio.
«Molti piccoli provengono da istituti assistenziali dove vivono in una situazione di sostanziale abbandono. Questo ne fa dei soggetti con gravi carenze affettive, estremamente bisognosi sul piano psicologico di nuove figure genitoriali. Il soggiorno sempre nella stessa famiglia crea legami affettivi genitore-figlio da entrambe le parti che poi vengono crudelmente interrotti».
L’adozione è così difficile?
«Vuole dei dati? Guardi: nel 2003 sono entrati in Italia per essere adottati 167 minori bielorussi, mentre i soggiorni temporanei sono stati 26.713. Nello stesso periodo, prendiamo ad esempio la Romania, ci sono state 23 adozioni e 338 soggiorni temporanei. La proporzione parla da sola. Sono pochissime le adozioni internazionali di bambini bielorussi, ciò non accade invece con altri paesi dell’Europa Orientale come la Russia, l’Ucraina e la Romania, che limitano i soggiorni climatici».
Il problema della Bielorussia si è manifestato solo con il caso di Maria?
«No, affatto. Anzi, sembra che ci siamo pendenti presso i tribunali oltre trecento domande per trasformare il soggiorno di salute in adozione».
E i giudici cosa fanno?
«Sono preoccupatissimi e hanno più volte sollevato il problema presso le sedi competenti. Questo perché non può essere un giudice a scegliere: serve una legge adeguata che faccia luce una volta per tutte su un problema grave. Gravissimo, perché è sulla pelle dei bambini».
Forse non si fa nulla perché sono pochi casi.
«No, non è vero. Le adozioni internazionali sono circa tremila all’anno, queste trecento. Il dieci per cento. Quindi i numeri sono rilevanti eccome e vanno tenuti presenti».
Perché non si è ancora fatto?
«Non lo so, non lo chieda a me».
Ma lei cosa pensa?
«Penso che i minori in accoglienza temporanea presso le famiglie italiane - che, va detto, non vengono sottoposte ad alcuna verifica prima, visto che i progetti vengono fatti da Onlus private - siano da considerare minori a rischio. Questi sono bambini che vivranno per sempre in istituto e far loro conoscere il calore di una famiglia che li può amare soltanto a intermittenza è di una crudeltà inaudita. Bisogna allora che il governo si adoperi per realizzare adozioni internazionali nell’ambito della convenzione dell’Aia».


Ma se la Bielorussia dice che adottabili non sono?
«Allora aiutiamoli a distanza».

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