I buoni cibi tricolori conquistano anche la Cina

Il made in Italy del gusto è servito in Cina. China Business Incubator, affollatissima due giorni di metà luglio in Fiera a Parma, ha costituito un primo appuntamento lanciato dal Consorzio italiano del gusto grazie a Gea, società indipendente che da anni accompagna la crescita delle imprese nell'export. Focus dell'evento, il mercato cinese e i rapporti commerciali con il settore alimentare italiano. Le più importanti realtà italiane del settore wine&food, hanno incontrato i principali importatori e distributori dell'area di Shanghai pronti a illustrare le opportunità e le chiavi di accesso al loro mercato, sia in termini di tipologia che di presentazione dei prodotti. Nel corso della manifestazione è emerso che il mercato cinese è sicuramente aperto alle aziende alimentari della nostra Penisola, ma allo stesso tempo bisogna fare i conti con una realtà complessa.
Se prodotti italiani più appetiti sono sicuramente olio, caffè, cioccolato, pasta e formaggio, per proporli alla clientela orientale servono strategie che non possono prescindere dalla conoscenza di situazioni legislative e culturale del Paese. Servono partner locali che favoriscano l'approccio alla distribuzione e attività «formative» per far conoscere bene prodotti prima di passare alla vendita vera e propria. Insomma, bisogna agire sul campo grazie a una struttura in loco ben ramificata. Oggi le aziende italiane presenti in Cina sono 900, e il volume d'affari tra Roma e Pechino nel 2011, si è attestato sui 51 miliardi di dollari. Una fetta considerevole riguarda prodotti agroalimentari. Nonostante un buon successo esistono ancora grandissime barriere non tariffarie che rallentano e in molti casi bloccano le esportazioni di prodotti alimentari «made in Italy» in Cina. Per esempio, è emersa l'importanza di presentare i prodotti in modo più «appetizing» per il consumatore cinese. «Servono etichette in cinese, un packaging più in sintonia con la cultura orientale, meglio ancora se realizzato ex novo proprio per questo mercato», ha detto chiaramente Hiufan Tsang, rappresentante di Sinodis, società cinese specializzata nell'import e nella distribuzione alimentare che in più ha evidenziato come sia fondamentale la «shelf life» del prodotto, ovvero l'arco temporale della durata dello stesso. Fresco a parte, molte referenze viaggiano ancora via mare per cui per esempio un prodotto congelato con «shelf life» di sei mesi, ha un tempo reale di vendita sugli scaffali di circa tre settimane.

«Ricordatevi - ha aggiunto Tsang - che finire sugli scaffali dei negozi cinesi non basta, bisogna frequentare il mercato per capire cosa funziona e cosa no, è indispensabile avere persone sul posto che verificano quello che succede. Da lontano non si può fare nulla».

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