I «camici rosa» sono in aumento, ma poche donne conquistano la leadership

In un convegno organizzato a Firenze dalla Federazione nazionale dei medici sono stati presentati gli ultimi dati: solo una donna su 10 diventa primario e su 106 Ordini appena 2 hanno una presidenza al femminile

La sanità italiana è sempre più di rosa, anzi tra pochi anni si prevede il «sorpasso». Ma poche sono le donne che raggiungono i vertici della professione.
La leadership, infatti, in Italia rimane saldamente nelle mani degli uomini.
Sono loro a vestire, nella stragrande maggioranza dei casi, il camice del primario: solo una donna medico su 10 ricopre questo ruolo. E su 106 Ordini dei medici solo 2 hanno come presidente una donna: quelli delle provincie di Gorizia e di Fermo.
E allora, servono le «quote rosa»? Oppure è meglio puntare su altri strumenti? Se lo chiedono gli esperti riuniti al convegno organizzatodalla Federazione degli Ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) a Firenze, con il titolo: «Leadership in sanità: interpretazione al femminile, innovazioni, opportunità».
«La progressiva femminilizzazione della professione medica - sostiene il presidente della Fnomceo, Amedeo Bianco - dovrà trovare riscontro in una necessaria rivisitazione dei modelli organizzativi delle attività sanitarie. Questo per rendere le specifiche esigenze del ruolo sociale delle donne più coerenti alle specifiche esigenze della professione».
Una buona notizia è la recente nomina , da parte del ministro della Salute Ferruccio Fazio, di Concetta Mirisola a commissario straordinario dell'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp). Un'«ottima scelta», secondo Bianco, che sottolinea anche «il significato simbolico, cioè una donna a dirigere».
Il numero delle donne specializzate in medicina è in crescita: dal 2000 al 2010 se ne sono registrate 9 mila in più.
«Entro pochi anni saranno la maggioranza tra gli iscritti agli albi - afferma Antonio Panti, presidente dell'Ordine dei Medici di Firenze - e costituiranno un valore aggiunto nei confronti dei pazienti e della professione».
Ma i dati presentati al convegno rivelano una realtà ben lontana dalle pari opportunità.
«In campo scientifico - riconosce il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna- si ritrovano molti dei fenomeni di esclusione che colpiscono il genere femminile anche in altri settori della vita politica, economica e sociale».
Un rapporto del 2009 della Commissione europea sulla parità di genere nella scienza dice che le donne rappresentano il 33 per cento dei ricercatori italiani, ma solo il 20 per cento raggiunge le posizioni di leadership. E questo, secondo il ministro è un fenomeno da contrastare.
Infatti, a settembre 2010 la Carfagna ha sigliato con la collega dell'Istruzione Mariastella Gelmini un'intesa che, spiega, è «finalizzata proprio ad elaborare misure concrete per conseguire la parità di genere nella scienza e favorire l'avanzamento delle carriere delle donne».
Altri, come l'exministro della Salute Livia Turco, sono assolutamente favorevoli alle «quote rosa». La deputata Pd annuncia, infatti, l'intenzione di riproporre nel disegno di legge sul governo clinico l'emendamento per l'istituzione delle quote rosa nelle nomine dei dirigenti medici.
Secondo una delle relatrici del convegno, la radiologa friulana e presidente dell'Ordine dei medici di Gorizia, Roberta Chersevani, «una maggior presenza di donne presidente forse non riuscirà a modificare gli assetti che sembrano penalizzare la donna medico, ma figure di riferimento potrebbero creare un sostegno, uno stimolo, che deriva dall'esempio di risultati raggiunti».
Oggi, dicono i dati Fnomceo, il 63,8 per cento dei medici «under 30» è donna e nel complesso la rappresentanza femminile rappresenta il 37 per cento (147.826) degli iscritti (399.641)all'Albo dei medici e degli odontoiatri.
Ma Teresita Mazzei, presidente della Commissione per le pari Opportunità dell'Omceo di Firenze, componente dell' Osservatorio Donne medico della Fnomceo e promotrice del Convegno, spiega nella sua relazione che negli ultimi 10 anni «l'incremento del numero di donne ai vertici del sistema sanitario nazionale è stato solo di pochi punti percentuali».
Per la Mazzei è «giunto il momento di discuterne le possibili ragioni e di iniziare azioni positive di supporto per incrementare il numero di donne medico nelle posizioni apicali di carattere professionale e gestionale».
Nella fascia di età tra i 24 e i 29 anni i «camici rosa» sono 5.490, mentre gli uomini sono 3.118 (circa il 64 per cento). Se poi si sale di qualche anno, tra i 29 e i 34 anni, le donne medico iscritte all'Albo sono 16.810, mentre i maschi sono 9.351. Percentualmente, in questa fascia, le donne rappresentano quindi il 64,25 per cento degli iscritti.
Oltre alle due presidenti degli Ordini, ci sono 7 vicepresidenti, 24 segretari e 14 tesorieri. Un piccolo passo in avanti rispetto al 2006, quando c'erano solo una donna presidente, 5 vicepresidenti, 17 segretari e 14 tesorieri.
E poi, quanto costa salire ai vertici della professione? Carriera e famiglia è ancora un binomio difficile da gestire. Il 30 per cento delle donne medico che sono salite in alto è single o separata, la stessa percentuale non ha figli e il 20 per cento ne ha solo uno. I maschi single sono invece il 10 per cento, quelli senza prole il 13 per cento, mentre il 16 per cento è papà di un solo figlio.
Eppure alle donne, si sa, i bambini piacciono. Tanto che la maggior parte diventa pediatra: oltre 10 mila.

Tra le fila rosa sono tante anche le ginecologhe (5.824) e le anestesiste (4.717), poche le oncologhe (1.608), le ortopediche(604) e le specialiste in chirurgia, soprattutto cardiochirurgia (72) e neurochirurgia (113).

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