Contrordine: le catastrofi non esistono. O, se esistono, non sono poi così catastrofiche. Insomma, catastrofi in versione bonsai. A denunciare il processo di ridimensionamento non sono i nemici dei catastrofisti, ma i catastrofisti in persona. E se da una parte cè da applaudire a tanta onestà intellettuale, dallaltra verrebbe voglia di rispondergli con una roboante pernacchia
Chi - come questo giornale - ha sempre guardato con scetticismo le previsioni da cupo dissolvi degli ambientalisti più estremi, non ha potuto che sorridere guardando la prima pagina della Repubblica di ieri. Tra gli «strilli» di sopratestata figurava infatti la seguente inchiesta: «Virus A, viaggio nella pandemia che non cè»; una documentatissima analisi di ben cinque pagine. Allinterno i titoli sembrano il compendio di quanto - in tema di H1N1 - il Giornale ha sostenuto fin dallinizio, e che cioè ci trovavamo dinanzi a un virus mediatico.
Una lungimirante presa di distanza - la nostra - che avveniva proprio nelle settimane in cui tutti i mezzi di informazione si lanciavano nelle più fosche previsioni. Cera chi annunciava «decine di morti», chi «centinaia di morti», chi «migliaia di morti». Praticamente una strage, una carneficina. Questo almeno fino a due giorni fa. Perché, da ieri, Repubblica si pone una domanda che ribalta tutto: «E se il virus fosse solo un raffreddore?». Capite bene che la differenza non è da poco.
Il dietrofront del giornale diretto da Ezio Mauro - sebbene in ritardo - dà correttamente conto della realtà: «Poche vittime e molti affari. Così lH1N1 festeggia il suo primo anno di vita. Bilancio di una pandemia annunciata ma non arrivata». E poi: «Ci ha tenuto col fiato sospeso per mesi. Ma il virus finora è stato meno pericoloso del previsto. Intanto ha gonfiato i ricavi delle case farmaceutiche: i fatturati extra saranno di 20 miliardi di euro. LOms apre uninchiesta interna. E se si fosse fatto troppo allarmismo?».
Domanda - questultima - che sottoscriviamo in pieno, limitandoci sommessamente a ricordare che, in tema di Virus A, i titoli più «allarmistici» sono stati pubblicati proprio su Repubblica. Oggi, però, il quotidiano di Largo Fochetti sembra essere diventato molto più cauto: «La diffusione è stata rapida, ma con effetti contenuti. Nel mondo lH1N1 è stata la causa diretta di 10mila morti, mentre linfluenza stagionale ogni anno miete mezzo milione di vittime. Le stime dei primi mesi sono state smentite». Non mancano i dettagli di ulteriore interesse: «In Canada e Usa il numero dei ricoveri è in calo da cinque settimane. Stesso trend in Italia. LOlanda ha deciso di svendere le sue scorte di vaccini. La Gran Bretagna ci sta pensando». Come dire: scusate, ci eravamo sbagliati. La riprova? «In Italia la campagna di vaccinazione non è mai decollata: finora sono state inoculate solo 700mila dosi. Ma il governo dalla Novartis ne ha comprate 24 milioni, che scadranno tra un anno. Loperazione è costata 184,8 milioni. Francia e Germania sono state più prudenti».
Ma quello del catastrofismo ambientale non è lunico fronte su cui i media hanno rivisto radicalmente le proprie idee. Ricordate, ad esempio, la tiritera sui danni «catastrofici» del riscaldamento globale? Titolo tratto dal Corriere della Sera: «Allarme Mar Artico: tra dieci anni sarà scongelato». Tutti daccordo? Macché. Dopo qualche tempo, ecco la risposta catastrofista climaticamente contraria: «Sole troppo pallido, rischiamo il gelo» (Repubblica del 3 ottobre 2008). Peccato che la «svolta glaciale» non convincesse Liberazione, che infatti seguitava a titolare: «Artico: la calotta di ghiaccio si stringe più rapidamente del previsto». Insomma, dobbiamo temere il «troppo caldo» o il «troppo freddo». Né luno né laltro, trattandosi entrambe di solenni bufale. E sapete chi lo dice? Il professor John R. Christy, passato alla storia della scienza come il primo Nobel «pentito». Proprio lui - direttore dellEarth System Science Center dellUniversità dellAlabama - ha inferto un colpo mortale agli hooligans del catastrofismo: ultrà dellambientalismo» che, sui fantasmi della «Terra in pericolo», hanno costruito le fortune politiche ed economiche. Il professor Christy, con un atto di coraggio, ha preso la difficile decisione di - in un certo senso - dissociarsi da se stesso. Christy è infatti membro dellIpcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), la commissione Onu premiata lanno scorso dallAccademia di Svezia insieme con Al Gore per avere denunciato i rischi di un«apocalisse» prossima ventura, «effetto dellincombente global warming». Ma dopo il Nobel, ecco il clamoroso outing scientifico di Christy: «Sono certo che la maggior parte dei miei colleghi allIpcc storcerà la bocca ma non vedo né una catastrofe imminente né la pistola fumante che provi la responsabilità inequivocabile delluomo per gli aumenti di temperatura che registriamo.
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