«I cattolici cercano un partito unico»

«I cattolici cercano un partito unico»

Politici cattolici in movimento. Nelle ultime settimane si è creato un fitto dialogo tra gli esponenti moderati, per confrontarsi sugli scenari del prossimo futuro e ritrovare l’unità perduta con la Seconda Repubblica. «I convegni di Todi e Pompei hanno fatto nascere un dibattito tra gli esponenti del mondo cattolico, incentrato sul dialogo e sulla risposta a quelle che sono le esigenze dei territori. È necessario raccogliere le tante istanze in una sintesi e dare una voce maggiore e più completa al confronto», spiega Giampiero Catone, componente della Commissione Bilancio della Camera e direttore politico del quotidiano la Discussione, dal quale sono partite numerose iniziative divenute occasione di dialogo.
Ma è possibile ipotizzare il ritorno di un grande partito cattolico? «Parlare di una possibile unione politica è prematuro - spiega Catone. Partiamo da un dato di fatto: la politica vive uno stallo per il quale è stato necessario rivolgersi a figure tecniche. I cattolici impegnati in politica avvertono il bisogno di andare oltre quelli che sono gli attuali assetti di partito, per cercare di unirsi in aggregazioni dello stesso pensiero e della stessa ideologia. C’è bisogno di un ritorno alla politica che può essere spinto da un radicamento di provenienza: quello della dottrina sociale della Chiesa e dei moderati».
Da dove ripartire quindi? «Dal senso vero della politica, basato sull’attenzione al territorio e ai reali bisogni della cittadini. I ceti meno abbienti continuano ad essere penalizzati: una piccola tassa per una famiglia in difficoltà incide molto di più di un’imposta anche molto più pesante, destinata però a contribuenti con reddito alto». È necessario, quindi, «individuare con precisione dove è possibile reperire le risorse per ripianare i conti dello Stato e, allo stesso tempo, identificare strumenti per generare una ripresa». Gli interventi, conclude Catone, vanno indirizzati a supporto delle pmi e delle famiglie.

«Sono due grandi realtà italiane, legate tra loro da un unico filo conduttore: le pmi devono supportare le famiglie, in modo tale da aumentare i consumi. Tagliare in maniera indiscriminata significa arrestare ogni prospettiva di crescita per il Paese. E allora, anche se riuscissimo a drenare tutto, ci ritroveremmo senza Pil».

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