Politica

I chiodi dei coloni

Le notizie e le immagini che giungono dal Medio Oriente (dove gli hezbollah libanesi hanno riacceso la tensione con Israele con un sanguinoso attacco ad una loro postazione seguita da una immediata reazione aerea di Gerusalemme) non corrispondono alla realtà della situazione.
Se si estrapolano alle loro ultime conseguenze le previsioni spesso catastrofiche mediatiche (non dimentichiamo però che siamo in estate, che in gergo giornalistico si chiama «l’epoca dei cocomeri» per l’usuale mancanza di notizie) la situazione potrebbe essere questa.
a) Una guerra civile fra coloni e forze di sicurezza israeliane.
b) Una spaccatura all’interno dell’esercito ebraico fra obbedienti e ribelli agli ordini del governo.
c) Una crisi di governo con ministri che rifiutano il loro sostegno a Sharon.
d) Un rilancio della rivoluzione khomeinista in chiave anti-israeliana dal Libano come conseguenza diretta dell’elezione di un «radicale estremista» alla presidenza dell’Iran.
Il peggio può sempre naturalmente succedere, ma:
1) il 55 per cento dei coloni ha già accettato di evacuare pacificamente Gaza in compenso a 300mila dollari per famiglia, il che rompe il fronte del rifiuto. Gli attivisti contrari all’evacuazione hanno commesso un errore madornale bloccando il traffico e soprattutto spargendo chiodi sulle strade. In Israele si possono perdonare gli errori politici ed economici del governo. Mai chi ti tocca l’automobile o ti fa restare per ore in coda sotto il sole. Fra gli scontri che la polizia ha dovuto affrontare mercoledì scorso c’erano anche quelli fra automobilisti infuriati e militanti antievacuazione. È stata l’ira di questi israeliani che si vedono obbligati a cambiare gli pneumatici delle loro macchine a permettere al governo di dichiarare Gaza zona militare con un anticipo di due mesi sulla data dell’evacuazione bloccando l’accesso ai sostenitori dei coloni ma soprattutto alle Tv che sono, dei coloni, l’arma più importante.
2) Il soldato che si è rifiutato di obbedire agli ordini di distruggere una casa vuota dei coloni è un giovane di leva cresciuto in una colonia, di origine americana molto sensibile al «politically correct». Non rappresenta il nerbo dell’esercito che sarà impegnato nell’evacuazione e che è formato di riservisti.
3) Rottura nel governo. Se esso non si è ancora rotto con tutte le crisi che Sharon ha dovuto affrontare, difficilmente entrerà ora in crisi. La sorte politica del primo ministro sarà determinata dal «dopo evacuazione», non dal «prima». Gaza è una patata bollente che tutti i politici israeliani sono ben lieti di lasciare nelle mani del primo ministro.
4) Rilancio della rivoluzione khomeinista dal Libano contro Israele. Rappresenterebbe un regalo al fronte internazionale antiterrorista che il presidente Bush cerca con difficoltà di tenere in piedi e di attivare. Poiché Israele, dopo il suo ritiro dal Libano, ha dalla parte sua l’Onu, il nuovo governo libanese, quello americano mentre la Siria che sosteneva in passato gli hezbollah cerca ora di evitare gli scontri, una sua reazione militare agli attacchi dei partigiani dell’Iran sarebbe molto più facile che in passato.
Cesare diceva agli ambasciatori di Vercingetorige: «Gli dei accecano coloro che vogliono perdere».

Forse gli hezbollah e il nuovo presidente iraniano non hanno mai letto il De Bello Gallico.

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