Leggi il settimanale

I colonnelli isolano Fini: "Sconfessa i tuoi ultrà"

Alemanno, Ronchi, Matteoli: tutti gli ex An fedelissimi di Fini stanchi delle liti. "Ora il presidente della Camera si dissoci"

Roma - Cartellino rosso: vattene, adesso basta. Al centro della rissa c’è lui, Fabio Granata, fedelissimo finiano pronto a bastonare gli (ex) amici con l’asta della bandiera della legalità, ma non solo. È chiaro che ormai sia scoppiata la rivolta degli ex colonnelli di An contro l’ex generale Fini. Il quale, colpevolmente silente di fronte alle bordate delle sue truppe, è chiamato in causa più volte.

Si cerca di stanarlo, di metterlo di fronte alle sue responsabilità politiche, di inchiodarlo. È lui o no il ventriloquo dei vari Granata, Briguglio, Bocchino e compagnia? Condivide o no le dichiarazioni del riccioluto onorevole nisseno sulle presunte collusioni del governo con la volontà di non far luce sulle stragi di mafia? Condivide ancora o no i valori fondanti del Pdl, tra cui c’è quello del garantismo? Se no, beh. Ne tragga le conseguenze: con noi non ci può più stare.

Insomma, c’è voglia di redde rationem perché così si perdono solo consensi. Le sparate del finiano che strizza l’occhiolino al popolo viola hanno fatto venire l’orticaria a tutti, qui a Orvieto, in occasione dei lavori della fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno. Ma l’indignazione non è solo nei confronti di Granata, considerato ormai corpo estraneo al partito, ma anche nei confronti di Fini. Il quale è stato pressato in più occasioni: «Adesso intervieni tu».

A suonare il gong dell’ennesimo round interno al Pdl è stato il coordinatore nazionale del Pdl, Ignazio La Russa che, schietto, ha posto l’aut aut: «O Granata ha elementi per sostenere che nel governo ci sono persone che ostacolano le indagini sulla mafia e allora sono io che me ne vado dal Pdl, altrimenti sono frasi da quaquaraquà, giusto per finire sui giornali». Non solo: «O fai nomi o almeno hai indizi forti su chi starebbe ostacolando la lotta alla mafia, oppure chiedi scusa. Oppure lasci il partito». Frasi forti, urlate a una platea che si spellava le mani. Peccato che Granata non solo non abbia arretrato di un millimetro, ma abbia addirittura rincarato la dose, attaccando a testa a bassa il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, reo con gli altri di non aver concesso il programma di protezione al pentito a rate Gaspare Spatuzza. L’ennesima bomba in testa al collega di partito che, questa volta, reagisce a muso duro prendendosi un applauso che non finisce più: «Le parole di Granata sono di una gravità assoluta. Ora da componente della Camera esigo che si esprima il presidente di Montecitorio».

La misura è colma: Fini deve prendere una posizione netta e sconfessare una volta per tutte i suoi ultras. In sala è il putiferio e il sottosegretario fatica a spiegare le ragioni, tutte legali, per cui non è stata concessa la protezione alla gola profonda Spatuzza: i battimani di solidarietà lo sovrastano. Anche Alemanno si accoda al sottosegretario e si rivolge a Montecitorio: «La richiesta di Mantovano è inevitabile. Se Fini lo sconfessasse sarebbe certamente un segnale importante per il dialogo nel Pdl». Un dialogo che, tuttavia, sembra tra sordi, sebbene qualche finiano prenda le distanze dal pasdaran giustizialista. Il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, per esempio, esprime solidarietà nei confronti di Mantovano, così come il sottosegretario della Funzione pubblica Andrea Augello. Il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, invece, si spinge oltre e chiede pubblicamente al suo «faro»: «Per quanto ancora dovremo vederci rappresentare un giorno da incendiari che sparano nel mucchio e l’altro da capetti arroganti?». «È la continua e assillante opera di distruzione del partito da parte di Fini, che ormai detesta Berlusconi per questioni personali», scuote la testa un vecchio militante che imputa all’ex leader di An la poca coerenza: «Io sono un vecchio missino e la regola che ho dentro è che non si può sputare nel piatto dove si mangia».

In tanti chiedono lo

showdown e ormai è guerra aperta tra lealisti e frondisti. E se persino l’altro ultras Bocchino auspica «toni più bassi», significa che gli acuti sono a livelli di guardia. Chi continua a tacere è Gianfranco Fini. Per ora.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica