I conservatori puntano a governare da soli

Lo spettro dell’«hung parliament», letteralmente il Parlamento «appeso», è uno dei probabili risultati delle elezioni britanniche, uno dei possibili esiti con i quali la regina dovrà avere a che fare da oggi in poi, con lo spauracchio dell’ingovernabilità che piomba sul modello britannico. Si ha quando nessun partito ottiene la maggioranza assoluta, cioè più della metà dei seggi della Camera bassa, la House of Commons. È una possibilità molto rara che dal 1945 a oggi si è materializzata una volta sola, nel 1974.
Ma quali possono essere le conseguenze pratiche per Westminster? Il Regno Unito in questa tornata elettorale sarà diviso in 650 collegi uninominali. La maggioranza assoluta si ha quando un partito riesce a totalizzare 326 seggi. Al momento i laburisti ne possiedono 346, i conservatori 193, i liberaldemocratici 62: ai tory ne servono dunque 116 per avere una maggioranza assoluta, al New Labour basta perderne 24 per andare sotto. Ogni risultato intermedio - favorito da una buona performance dei libdem - sfocerà nel Parlamento «appeso». Il che significa aprire la porta a un concetto che i britannici dominano poco: i governi di minoranza o le coalizioni di governo. Ecco allora che Gordon Brown potrebbe trovarsi nella posizione di rimanere primo ministro - anche nel caso in cui il suo partito dovesse totalizzare meno seggi di quello guidato da David Cameron - e cercare di dar vita a un’alleanza con un’altra formazione, cioè i libdem. In base a questo scenario avrebbe diritto a governare. Se, invece, il primo ministro non riesce a plasmare una maggioranza, l’unica strada sono le dimissioni. E la palla passa alla regina. Che può dare l’incarico a un altro politico (leggi Cameron).
Ma non è tutto. Oltre al sistema delle coalizioni, infatti, i britannici hanno a disposizione pure l’opzione del governo di minoranza, che prevede una sorta di appoggio esterno di una formazione politica. In teoria si potrebbe configurare questo tipo di rapporto anche tra laburisti e liberaldemocratici - che in questo caso non avrebbero però incarichi di governo - ma nei fatti tale scenario è più plausibile in caso di una chiara vittoria dei tory, seppur «azzoppata» da qualche seggio in meno rispetto al quorum. Ecco allora che potrebbe farsi strada un appoggio esterno dell’Ulster Unionist Party - che Cameron ha corteggiato in tempi molto recenti. Anche il peso dei partiti minori in questa elezione potrebbe essere rilevante. I più strategici per eventuali alleanze sono i piccoli partiti a carattere «locale».

Solo in Irlanda del Nord se ne contano almeno sei: tra essi lo Sinn Fein, per la prima volta impegnato in una competizione elettorale per seggi a Westminster dopo la pacificazione dell’Ulster e l’addio alle armi dell’Ira. Già pronto a schierarsi con i tory in caso di vittoria è il nord-irlandese Democratic Unionist Party, quarto partito a Westminster nelle elezioni del 2005 con nove parlamentari.

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