Negli ultimi mesi una sforbiciata era stata già proposta, almeno sulla carta. Un corso qua, uno là. Le università hanno tentato di sfoltire affannosamente di un bel 20% i corsi detti inutili. Niente di spontaneo, ovviamente.
Questo repulisti è stato fatto dietro precisa richiesta del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che nei mesi scorsi ha inviato in tutti gli atenei i criteri per eliminare i corsi inutili, a cominciare da quelli con pochi iscritti, che attualmente sono trentasette, sparsi in tutta Italia.
Se entriamo nello specifico, però, quello inutile per eccellenza che si spera venga depennato dall’albo universitario, è il bizzarro corso di Trofeistica, dove le aule non sono mai state stracolme, anche perché l’interesse dello studio sulle corna degli animali non attira molti studenti. Al secondo posto si potrebbe piazzare il corso di Scienze dell’aiuola. Ma l’elenco è infinito.
Nelle università gira tanta zavorra. E il governo si appresta ad usare le cesoie. Via, per esempio, i corsi di laurea con un solo iscritto. E via quelli che sono stati creati a prescindere dal reale interesse formativo con un solo palese scopo: creare cattedre per i 26.004 professori assunti tra il 2000 e il 2006 grazie al trucco delle idoneità che ha permesso di bandire concorsi per un docente e poi assumerne due.
Lasciando mano libera ai professori gli atenei sono aumentati da 41 a 60. E i corsi di laurea? Una pioggia, sono passati dai 2.444 del 2001 ai 5.879 di quest’anno, più che raddoppiati. Se ci sono i corsi di laurea, ci sono anche esami da fare. E gli insegnamenti sono arrivati all’astronomica cifra di 180.000 contro la media europea di 90mila.
Tanta abbondanza e poca qualità, visto che in tutte le classifiche internazionali l’inarrivabile traguardo per gli atenei italiani è riuscire a svangare un duecentesimo posto.
Del resto è difficile raggiungere l’eccellenza proponendo insegnamenti di Scienze dei trofei di caccia (attivato a Firenze nel corso di laurea in Scienze faunistiche), oppure Fisiologia del fitness (a Camerino), Scienze del fiore e del verde (Pavia) e la pletora di corsi arcobaleno amati soprattutto dagli atenei toscani: scienze per la Pace, Cooperazione per la Pace.
Ma la lista dei corsi ai rischio è lunga, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Che dire per esempio del corso di laurea spalmato in tre anni all’Università di Camerino per laurearsi in Scienze e tecnologie del fitness? Sembra quasi una cosa seria a sfogliare gli esami da affrontare: Fisiologia del fitness; Alimentazione del fitness; Biochimica generale applicata al fitness; Benessere psicofisico. Un vero e proprio percorso di studi, 15 esami da sostenere e 19 insegnamenti disponibili per fregiarsi del titolo di Dottore.
E che dire dell’insegnamento di Tecniche della non violenza, scoglio per gli iscritti a Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace? O il corso di Lettura del paesaggio, fondamentale per ottenere la laurea in Scienze e tecniche del fiore e del verde?
Ma l’universo delle facoltà italiche è cresciuto troppo in fretta anche per l’inventiva dei rettori. Infatti il grosso dei 180mila insegnamenti disseminati oggi da Palermo a Bolzano è costituito da doppioni. Ovvero, insegnamenti classici, da sempre trattati in campo accademico, oggi però traslati non sempre secondo logica come riempitivi nei nuovi corsi. Psicologia generale: scienza degna di studi accademici fin dall’inizio del secolo scorso.
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