da Roma
Paolo Bruni, anche ieri il ministro Zaia ha sollevato il problema dellaumento fuori controllo dei prodotti alimentari.
«Da presidente di Federagri-Confcooperative dico che pone un problema reale. Sia per il produttore che non riesce a realizzare dei ricavi adeguati ai propri costi, che per il consumatore che è costretto a pagare prezzi non accettabili per colpa dei rincari lungo la filiera».
La filiera, nota dolente. Il ministro Zaia chiede di accorciarla.
«Anche noi lo diciamo da tempo. Il problema però è trovare soluzioni realistiche. La risposta non può essere la vendita diretta dal produttore al consumatore. Questo può essere valido in periferia o piccoli centri urbani, ma è impossibile nelle grandi città».
Quindi che cosa propone?
«Bisogna ristabilire una più equa ripartizione della catena del valore. Mi spiego: se un prodotto vale 100, allagricoltore va dal 10 al 17 per cento massimo. Il resto sono costi che si formano lungo la filiera di trasformazione e in maggior parte in quella della distribuzione che incamera dal 40 al 50 per cento del valore di quel prodotto. Questo va cambiato».
Può essere una soluzione il paniere low cost?
«Io non credo ai prezzi imposti. I prezzi li fa il mercato. Però su questa sono daccordo. Ci sono prodotti che hanno un alto servizio aggiunto, tipo le insalate lavate, tagliate e impacchettate, dove il valore della lattuga non è più di un decimo del prezzo. Ecco, bisogna dare la possibilità ai consumatori meno abbienti che richiedono prodotti con pochi servizi e quindi meno cari, di poterli comprare.
Bene. Però serve altro.
«È vero. I produttori devono darsi maggiore organizzazione, portare innovazione nei settori, ammodernare le macchine e i trasporti. Bisogna cambiare la capacità produttiva. Oggi abbiamo troppe microproduzioni. La strada è dare vita sempre più ad aggregazioni. E questo sia per lottimizzazione dei costi e quindi dei prezzi finali, sia per essere in grado di trovare sbocchi su nuovi mercati esteri».
Esiste un altro problema però. La grande distribuzione.
«È un fatto fisiologico e inevitabile, più i Paesi sono evoluti più si afferma la Gdo. Per questo io sono per trovare nuovi patti tra i produttori e la grande distribuzione. Se le istituzioni insieme, governo e regioni, lavoreranno per ribilanciare in modo più equo il rapporto di filiera, credo che il problema sia risolvibile.
La Gdo accetterà?
«Sì, perché perde fette di mercato, perché la Gdo straniera avanza e perché ha capito che per il consumatore i prodotti italiani sono una garanzia».
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