I costi della politica: un voto vale 99 euro

Il faccione di Sara Giudice fa bella mostra su un tabellone sei per sei. Anche Maurizio Cadeo fa la sua figura ma su maxiposter otto per otto. E c’è pure Marco Osnato che spopola sui cartelloni. Sfida sui muri che costa cara e che non pone vincoli di spesa: infatti, diversamente dalle elezioni regionali e nazionali, i candidati al consiglio comunale non hanno alcun limite al portafoglio per conquistarsi quel consenso in più che gli garantisca l’ingresso a Palazzo Marino.
Non è un mistero che per sbarcare in Comune servano almeno 150mila euro: cifra niente male ma, dicono gli esperti, è il minimo per ottenere un risultato soddisfacente.
Dentro quei 150mila euro c’è il costo dei manifesti, delle affissioni, delle sale affittate e delle cene anche se, spesso e volentieri, quest’ultime sono a carico degli sponsor del candidato. Poi, talvolta, a farsi carico dei manifesti e dei costi delle affissioni sono aziende che, magari, grazie all’attività amministrativa del candidato speranodi poter godere di un’attenzione particolare.
Di certo, in una realtà per difinizione fluida, restano i rendiconti delle spese che i consiglieri eletti sono tenuti a presentare entro trenta giorni dal termine della campagna elettorale. Diamo dunque un’occhiata alle dichiarazioni fatte da coloro i quali, cinque anni fa, conquistarono l’ingresso nella maggioranza di Palazzo Marino: Carmine Abagnale 23.000 euro, Fabio Altitonante 29.000, Guido Manca 50.000, Andrea Gradnik 50.000, Gianfranco Baldassarre 7.500, Stefano Di Martino 42.000, Carlo Fidanza 18.400, Giulio Gallera 40.000, Alberto Garocchio 35.000, Marco Osnato 44.000, Armando Vagliati 34.000, Alan Rizzi 21.000, Carlo Masseroli 12.000, Stefano Pillitteri 26.000 e Antonino Triscari 31.000. E, ancora, per l’opposizione, Maurizio Baruffi 10.000, Milly Moratti 43.000, Giovanni Colombo 3.000, Andrea Fanzago 6.000, Pierfrancesco Majorino 12.000, Ettore Martinelli 21.000, Basilio Rizzo 10.000, Carlo Montalbetti 13.000, e Carmela Rozza 31.000. L’elenco si può completare con Manfredi Palmeri 38.700, Carla De Albertis 70.000 e Giancarlo Pagliarini 560 euro. Da segnalare che Matteo Salvini, Salvatore Pasquale, Vladimiro Merlin e Enrico Fedreghini hanno speso zero euro perché si sono «avvalsi esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici predisposti dal partito o dalla formazione politica della cui lista fanno parte».
Fin qui l’ufficialità. Spese non di grande rilievo, verrebbe da dire. Anche perché non sono affatto valutabili né le spese extra campagna né quelle precampagna o l’uso di comitati elettorali per il fund raising. Cifre che però consentono di avere un metro per valutare l’effettivo costo di una preferenza. Operazione matematica, quindi certa, rendiconti alla mano e numero preferenze ottenute.

Scopriamo che ad Altitonante un voto è costato 35 euro, 22 a Palmeri, 28 a Terzi, 32 a Pillitteri. E ancora: 49 a De Martino, 31 a De Albertis, 8 a Baruffi e altrettanti a Rizzo, 28 a Rozza, 21 a Martinelli, 4,7 a Majorino, 26 a Montalbetti e, sorpresa, ben 99 euro a Gradnik.

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