Gli economisti non ne azzeccano una, ma c'è una categoria che li batte: i criminologi. Questa pregiata categoria di espertissimi, per secoli sommersa nei meandri più remoti delle università e recentemente affiorata proprio al centro della nostra scena televisiva, sta inanellando ad Avetrana una tale serie di sfondoni da ridicolizzare i maghi della finanza, che pure hanno dato.
Noi che li stiamo a sentire, quando eventualmente si riprendono dal sonno (vedi i servizi di Striscia che li pescano teneramente immersi in fase Rem durante i talk-show), nutriamo anche una certa soggezione. Da utenti generici, che costruiscono il proprio bagaglio giallo sulle teleserie psico-sanguinolente d'America o sui «Ris» de noantri, seguiamo le loro analisi con grande interesse e inevitabile senso di inferiorità. Però è anche il caso di chiederci, a un certo punto: questi eminenti personaggi si formano sulle scene del crimine o sulle dispense del Cepu?
Come dimenticare. Un giorno, questo zio rimasto sempre sullo sfondo, defilato, quasi trasparente, ignorato anche dai criminologi più scafati, improvvisamente trova il cellulare di Sarah e finisce per farsi incastrare dalla Polizia. Il bravo criminologo, attrezzo umano ormai in dotazione a qualunque bravo conduttore tv, prontamente ci spiega tutto. Elementare, un caso classico. Si vedeva benissimo che lo zio non reggeva il peso della sua malvagità, in qualche modo l'inconscio ha voluto richiamare l'attenzione per farsi prendere.
Inizia così la lunga epopea del mostro di famiglia. Un po' Biscardi, i bravi criminologi volentieri si prestano al gioco della moviola: ecco, vedete, quando un soggetto sorride con il labbro inferiore messo di sghembo, mentre si gratta l'orecchio di sinistra, è il chiaro segno di colpevolezza. E gli occhi, notati gli occhi? Signori, non c'è niente di più rivelatore di quell'incerto inarcarsi del sopracciglio, evidente segnale di coscienza sporca, tipico, non ci sono dubbi.
Le parole perché sono parole, i silenzi perché sono silenzi: tutto spiega in maniera inequivocabile la colpevolezza di questo diabolico soggetto. Noi, che al massimo abbiamo notato soltanto uno strano pianto senza lacrime, restiamo incantati. Diamine, l'assassino non lo sa, ma ogni giorno parla e confessa agli occhi infallibili dello scienziato «noir». Nel profondo di questo mare d'ammirazione, molto in fondo, si fa sommessamente strada solo una domanda: ma dirlo prima? Perché, ci chiediamo profani e ignari, il bravo criminologo non si fa avanti subito, diciamo dopo una settimana, chiamando al cellulare il piemme per dire più o meno una cosa come questa: dottore, occhio, questo zio ha tutte le labbra e tutte le sopracciglia del bieco assassino. Si renderebbe più utile. Eviterebbe tante perdite di tempo. Farebbe anche la sua bella figura. Invece, come il bravo economista, il bravo criminologo ha questo di strano: te la spiega sempre dopo, quando la sappiamo già. Te la spiega benissimo, ti fa sentire pure un po' di coccio per non averlo capito prima, ma quando gli inquirenti hanno già chiuso la conferenza stampa con le clamorose novità. Come gli economisti, uguale: le banche fallite e i banchieri in manette, ci spiegavano con tono saccente quanto fosse prevedibile la bolla finanziaria che nessuno di loro aveva previsto. Gli uni e gli altri, criminologi ed economisti, vittime della stessa ambizione: piegare la realtà ai dogmi scientifici. Ma la regola uno della vita segnala immancabilmente come la realtà abbia molte più variabili - molta più fantasia - di qualunque schema teorico.
Adesso si apre una fase nuova. Questa ennesima novità dello zio che vuota il sacco - un'altra volta - e confessa di aver confessato per non sconfessare la figlia Sabrina, via, è un'enorme seccatura. Il mostro, tutto sommato, è un pezzo di pane. Dopo averci spiegato la fenomenologia della belva umana, grattate d'orecchio e sorrisi sbilenchi, i criminologi sono chiamati a dimostrarci che gli stessi gesti sono quelli tipici del generoso padre di famiglia. Di un padre così morbosamente attaccato alla figlia e in generale al suo branco, da non esitare ad addossarsi tutte le infamanti colpe dello spietato omicidio, come peraltro dimostrato dall'ossessivo rimestare in tasca della mano sinistra, lo si vede benissimo, alla ricerca di chissà cosa, forse della pace perduta (?, ndr).
Sì, se davvero l'assassino non è lo zio, se quest'uomo tanto miserabile, l'ultimo degli uomini, è in realtà un padre accecato dall'amore, lo voglio proprio vedere, il bravo criminologo. Conoscendo il genere di specialista, quanto prima avvertiremo uno stridore pazzesco di pneumatici per la frenata e un assordante rombo di motori per la retromarcia.
Per la cronaca, già sono all'opera.
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