da Roma
DAlema invita Berlusconi a «non seminare zizzania» nel Pd. Dove in effetti non se ne avverte il bisogno.
Lo stesso ex ministro degli Esteri ha risposto «obbedisco» a Walter Veltroni, che reclamava una sua smentita allesternazione con cui il premier ha accusato il segretario Pd di aver lavorato contro lintesa su Alitalia, finché DAlema non lo ha stoppato. Ma non nascondeva il suo fastidio: «Così continuiamo a inseguire ogni cosa che dice Berlusconi, finendo per fare il suo gioco», era il ragionamento dei suoi. Con la manifestazione del 25 ottobre alle porte (la scelta è caduta sul Circo Massimo, e cè da giurare che si punterà a rilanciare sui mitologici tre milioni di Cofferati), pochissimi se la sentono di rompere apertamente le righe. Lo fa Enrico Letta, che avverte: «Con lantiberlusconismo non si vince»; o Marco Follini, sulla stessa lunghezza donda. Lo fa cautamente Gianni Cuperlo (di cui DAlema è tornato a parlare, ad interlocutori esterni al Pd, come possibile volto giovane del dopo-Veltroni), invocando una «strategia dinsieme» con cui rispondere allo «spegnimento della democrazia». Lo fanno, a microfoni spenti, tanti esponenti dalemiani, rutelliani o mariniani del Pd: «Ma se oggi diciamo che Berlusconi è Putin, di qui al 25 ottobre di che lo accusiamo, di ammazzare le vecchiette?».
La scadenza di piazza, per Veltroni, è cruciale come trampolino di lancio di una nuova fase del Pd e della sua segreteria. Da giocare tutta in attacco, di qui alle Europee, con un obiettivo preciso: rimettersi al centro della scena di opposizione, togliere spazio a Di Pietro, fare argine contro il drenaggio di voti che il Pd potrebbe subire a causa della sua lievitazione. E per questo obiettivo Veltroni, accusano i dalemiani, sarebbe pronto a fare accordi sotto banco proprio con il Putin di Arcore. «Walter è convinto che con lo sbarramento al 5% leffetto voto utile si riprodurrà», assicura un esponente dalemiano, «e prende in giro Casini quando difende pubblicamente le preferenze: in realtà le liste bloccate piacciono anche a lui».
Di Pietro non pare spaventato, però. E se in pubblico approva la nuova linea girotondina di Veltroni, in privato scuote la testa: «Non poteva fare altro: per mesi ha supplicato che Berlusconi gli desse uno spazio o raccogliesse una sua apertura. Veltroni puntava ad una condivisione del governo, in qualche modo. Ma quello invece ha usato la clava e gli ha chiuso tutte le porte».
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