I Democratici nel caos: alleanze con l’Udc a rischio in mezza Italia

RomaC’era tutto lo stato maggiore Pd, ieri in Puglia. C’era il segretario Pierluigi Bersani; c’era Massimo D’Alema, che nelle urne delle primarie si sta giocando la faccia; c’era Enrico Letta che ha sponsorizzato il candidato Francesco Boccia.
Tutti calati a Bari e dintorni per l’ultimo weekend di fuoco prima del voto. Perché il match di domenica («Difficilissimo», come ammette il dalemiano Nicola Latorre) è uno snodo fondamentale per l’intero campionato delle regionali, e per l’attuale leadership del Pd e la sua strategia di alleanza con l’Udc. Alleanza portata a casa in quattro regioni (Piemonte, Basilicata, Marche e Liguria), ma esiziale in Puglia per le sorti elettorali e politiche del Pd dalemian-bersaniano. Che intanto sta scricchiolando anche in roccheforti un tempo indiscusse: in Liguria, il patto con i centristi «certo», nelle ultime ore ha cominciato a vacillare, dopo che il governatore ricandidato Claudio Burlando ha promesso di riconfermare un assessore del Pdci, mandando su tutte le furie Pier Ferdinando Casini: «Mi aveva promesso che non ci sarebbero stati comunisti in giunta, ora mi può fare questo brutto scherzo».
Nella rossa Umbria, intanto, continua la faida: la minoranza franceschiniana, che ricorda di non avere neppure un candidato governatore, continua a sostenere l’ex tesoriere di Veltroni, Mauro Agostini, e ad opporre un ferreo no alla ricandidatura della governatrice dalemiana Rita Lorenzetti o della sua pupilla Katiuscia Marini. «Noi siamo leali in Puglia, Bersani lo sia in Umbria e faccia le primarie», avverte il veltroniano Walter Verini. Tra sabato e domenica le varie correnti si riuniranno, attendendo i risultati delle primarie pugliesi. L’unica mediazione possibile, confidano da sponde dalemiane, sarebbe la rinuncia di tutti i concorrenti e la candidatura «condivisa» del segretario regionale Lanfranco Bottini.
In Calabria il tentativo d’intesa con l’Udc è saltato per l’ammutinamento del governatore uscente del Pd Agazio Loiero. Casini si è messo d’accordo col Pdl, e ora un altissimo dirigente Pd sibila: «Visto che la regione è persa, a rompersi le corna manderemo Loiero. Così impara». In Campania stessa musica: Casini lì sta con Berlusconi, e il Pd tenterà di candidare il giovane segretario regionale Amendola, l’unico - si spiega - che «può evitarci la guerra civile tra Bassolino e De Luca».
Nel Lazio, Emma Bonino è di diversi punti sopra la sua coalizione, e testa a testa con Renata Polverini, ma il Pd invece di far campagna elettorale litiga su chi nominare coordinatore della medesima campagna elettorale.
E in Puglia? Ieri Casini ha lanciato l’ultimatum: «Se vince Vendola alle primarie niente alleanza». Traduce Latorre: «Se vince Nichi, l’Udc si allea col Pdl e il centrosinistra perde la Puglia». Ma Casini, sperano nel Pd, proverà a dare una mano nelle urne delle primarie. Gli ultimi rilevamenti però danno Vendola in vantaggio. E il riaccendersi così tempistico di inchieste giudiziarie, con accuse assai surreali contro il governatore, si è rivelato il classico boomerang: «Alla fine per Nichi c’è l’effetto Berlusconi: più i magistrati si accaniscono e più gli elettori solidarizzano», sospira un parlamentare pugliese del Pd. Nei giorni scorsi tra i supporter dei due antagonisti è circolato veleno a fiumi, con accuse e controaccuse sulla «tempistica» dell’inchiesta giudiziaria. E mentre dall’entourage del governatore si puntava il dito contro Boccia e i dalemiani («L’hanno fatta uscire loro»), sul fronte opposto un D’Alema molto innervosito si sarebbe sfogato così: «Nichi non dica in giro simili assurdità, è come se io mi mettessi a dire che la notizia dell’inchiesta l’ha tirata fuori lui per fare il martire». Contro Boccia giocano le profonde divisioni interne al suo partito, con buona parte dell’ala franceschiniana che continua a preferirgli Vendola, e con il sindaco di Bari Emiliano che (dopo aver visto sfumare la propria candidatura) è ufficialmente schierato per il candidato Pd, ma ufficiosamente fa il tifo per il governatore.


Intanto, gli ultimi sondaggi nazionali danno il Pd di nuovo sotto quota 30%. E, se si perde in Puglia, la prudente «quota salvezza» fissata dai bersaniani (tenere almeno 7 regioni delle 11 vinte nel 2005) vacilla pericolosamente.

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