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"I designer più moderni? Abbattono gli steccati"

Paola Antonelli è una delle voci più autorevoli in tema di design

"I designer più moderni? Abbattono gli steccati"

Paola Antonelli è una delle voci più autorevoli in tema di design. Milanese, dal 1994 è ai vertici del MoMa di New York come Senior Curator del Dipartimento di Architettura e Design e di Ricerca e Sviluppo dell'intero museo. Attraverso mostre, convegni, libri tra cui l'ultimo Building a Better Future, scritto a quattro mani con Alice Rawsthorn, si batte per una comprensione più ampia del concetto di design, da intendersi come disciplina universale e filosofica.

Perché il design va oltre il «mobile»

«Molto oltre. E Milano è sì una delle vette del settore ma non deve sedersi sugli allori. Nel futuro non potrà essere solo il mobile a tenere Milano in vetta a questo mondo».

Cosa manca?

«Con le tante mostre ed eventi, Milano sta provando ad abbracciare l'interdisciplinarietà. Ma dovrebbe osare di più per proiettarsi nel futuro. Mi piacerebbe ci fosse un investimento finanziario, un'attenzione politica e una forte comunicazione sul design nella sua dimensione onnicomprensiva che va dalla moda alla visualizzazione, ai videogiochi, all'architettura. Pensiamo per esempio al tema della sostenibilità, alla sua trasversalità, alla possibilità di connettere tutte le discipline».

Anche per questa edizione del Salone è nella giuria del Premio SaloneSatellite, aperto ai designer sotto i 35 anni. In cosa è diversa l'ultima generazione rispetto a quella dei padri e dei nonni?

«Questi giovani sono più simili ai bisnonni. Mi ricordano la generazione di architetti e designer a cavallo fra le due guerre, che facevano di tutto e di più, dai mobili alle lampade, dalla grafica alle installazioni. C'era una cultura del progetto ignara degli spartiacque e delle specializzazioni che si sono andate formando poi. Oggi i giovani designer sono tornati a praticare la multidisciplinarietà, vanno dalla moda ai lavori sulle interfacce grafiche. Forse fanno di necessità virtù, lo fanno per sbarcare il lunario, però il risultato è quello di una fluidità fondamentale per il futuro».

A proposito di giovani generazioni, è d'obbligo citare Marva Griffin, talent scout con pochi pari, la fondatrice del SaloneSatellite.

«Una donna incredibile. Alla Fabbrica del Vapore vidi un'infilata di designer assolutamente sconosciuti, adesso sono tutti famosi. Il SaloneSatellite mi piace perché è una delle proposte più fresche e generose della settimana del design».

Che dire del design dei siti web? Non trova che in Italia ci sia molto da fare?

«Si tende a controllare molto la prima impressione mentre bisognerebbe lasciare che l'utente prenda subito le redini. Mi spiego. Guardi il sito delle Ferrovie dello Stato. C'è una pesantezza incredibile al primo ingresso.

Si avverte l'ansia di controllare l'immagine iniziale, ma non basta».

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