I detenuti «telelavorano» in autostrada

Otto di loro a turno trascriveranno le targhe delle auto che non pagano

Una stanza al secondo piano, 4 computer cui si alternano 8 detenuti. Così il telelavoro entra nel carcere di Rebibbia, al reparto di alta sicurezza, dove in due turni di tre ore e mezza ognuno, gli otto ospiti della casa Circondariale vengono impegnati nella trascrizione delle targhe «dei veicoli con transiti irregolari dai caselli autostradali».
A portare in carcere il telelavoro è stato il Gruppo Autostrade che ha aderito al progetto «Lavoro ai detenuti» per il reinserimento sociale dei reclusi. L’iniziativa che ha preso il via a luglio è stato illustrato ieri mattina nell’Istituto di via Tiburtina dal direttore della Casa Circondariale di Rebibbia, Carmelo Cantone e dall’Amministratore delegato del Gruppo Autostrade Vito Gamberale. I detenuti, inquadrati come «impiegati» dalla cooperativa Pantacoop, lavorano all’interno del carcere su pc collegati a un server interno installato dai tecnici di Autostrade per l’Italia. Il compito di ogni operatore, che guadagna circa 360 euro al mese (mille euro lordi ai quali vanno tolte le ritenute e 50 euro per il mantenimento in carcere), è visualizzare sullo schermo le foto (10mila al giorno), inviate ogni giorno dal Gruppo, e registrare i numeri di targa che non sono risultati attendibili alla lettura automatica. Il rispetto della privacy è garantito dall’assenza di informazioni sul luogo e ora di transito dell’auto e dalla distruzione delle foto al termine del rilevamento.

Da luglio, momento di avvio del «servizio» ad oggi sono stati controllati dagli operatori di Rebibbia circa un milione e mezzo di foto. «L’esperienza - ha spiegato il direttore di Rebibbia, Cantone - apre eccezionali prospettive in materia di lavoro penitenziario e di coinvolgimento delle grandi aziende italiane nella gestione del disagio sociale».

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