I diportisti spendono 1,1 miliardi l’anno

La spesa cresce proporzionalmente al tipo di imbarcazione. L’importo medio di aggira attorno ai 6mila euro per stagione. Gli operatori chiedono una fiscalità più equa, un piano per un migliore coordinamento e la promozione

I diportisti spendono 1,1 miliardi l’anno

Sia lodato il diportista. Perché continua a far vivere un «sistema» che in stagioni non certo facili accusa la crisi del nuovo, della produzione. Basta un dato per far capire che mister diportista - quello spesso vessato e considerato un previlegiato o un evasore, al di là che abbia un super­yacht come Briatore o un tranquillo dieci metri a vela ­è protagonista assoluto. Ba­sta un solo dato del Rapporto Turismo Nautico 2010, uno dei pochi affidabili punti di ri­­ferimento del settore: i dipor­tisti spendono annualmente circa 1,1 miliardi di euro. Il rapporto è frutto del lavo­ro dell’Osservatorio Nautico Nazionale che nasce da un ac­cordo (datato 2008) tra Uci­na, la Provincia di Genova, l’Accademia Italiana della Marina Mercantile e due di­partimenti dell’Università de­gli Studi della città della Lan­terna: Dipartimento di Eco­nomia e Metodi Quantitativi e Centro Ricerca per l’Innova­zione e lo Sviluppo del Turi­smo. L’obiettivo?Sicuramen­te ambizioso: analizzare tutti gli aspetti legati al turismo dell’acqua e alla nautica: da quelli connessi ai riflessi terri­toriali e infrastrutturali come ambientali, produttivi, legi­slativi e normativi a quelli re­lativi alla domanda turistica e alle sue determinanti. Altro dato importante. Ana­lizzando le spese relative sia alla permanenza negli «ho­me port» sia quelle fatte du­rante i transiti, il «diportista medio» spende quasi 6mila euro l’anno. Il concetto di «medio» va chiarito: la spesa cresce proporzionalmente al tipo di barca. Quindi, se l’ar­matore di una nave da dipor­t­o supera i 30mila euro di spe­sa annua, ecco che il proprie­tario di un natante- per la cro­naca quasi la metà del cam­pione - arriva a poco più di 2.800. Ma al di là della logica forbice, il diportista andreb­be più che mai «coccolato» al di là del tipo di barca che pos­siede. Perché tra shopping, ri­storazione, trasporti e cultu­ra, «movimenta» non solo il marina di base o quello in cui si ferma, ma l’intera econo­mia dell’entroterra. Resta il problema dello scarso utilizzo delle imbarca­zioni nel nostro Paese: la me­dia si aggira sui 75 giorni l’an­no, grazie soprattutto ai di­portisti meno giovani che hanno più tempo libero. Se dovessimo limitarci a chi ha meno di 30 anni, si farebbe fa­tica a superare il mese. In que­sto senso, va sottolineata la propensione comunque a spendere bene i quattrini: il diportista stanziale supera i 100 euro al giorno di media, quello in transito arriva a 92 euro. Allargando l’orizzonte, si scopre che solo i cosiddetti «city tourism» aprono il porta­foglio in misura maggiore ar­rivando a una media giorna­liera di 157 euro - cosa logica pensando ai costi e alle op­portunità dei maggiori centri urbani - mentre gli escursio­nisti nonché i turisti «rurali» (intesi come quelli che fre­quentano le vie del gusto e gli agriturismo) si fermano ri­spettivamente a 46 e 88 euro. C’è un’altra buona notizia che arriva dal rapporto: il ra­ting ottenuto dai servizi offer­ti nei porti di ormeggio abi­tuali si rivela buono, forse al di là delle aspettative genera­li. Solo meno del 10% del cam­pione ha giudicato in modo totalmente negativo la situa­zione nel nostro Paese men­tre il 45% ha espresso piena soddisfazione. Sarebbe bello che le stesse valutazioni posi­tive si riscontrassero tra chi si ferma in transito, spesso solo per una o due notti. Su questo fronte, infatti, c’è ancora pa­recchio da lavorare. Un altro punto significati­vo della complessa analisi ri­guarda gli intermediari per il diporto: lo sviluppo del turi­smo nautico passa anche per l’attività degli operatori che facilitano l’acquisizione del­la barca o comunque la met­tono­a disposizione per il peri­odo di utilizzo richiesto dal di­portista. Nel 2010 è stata fatta la prima indagine sul settore del broker mentre l’anno pre­ced­ente invece era stata com­pletata quella sulla locazione e il noleggio, chiedendo a cia­scun intervistato di indicare i provvedimenti necessari per lo sviluppo del settore. Bene, al primo posto troviamo la ri­chiesta d’intervento per tutto ciò che riguarda la portualità: soprattutto la costruzione di nuove infrastrutture ma an­che un miglioramento di quelle già esistenti. Al secon­do una generale semplifica­zione e maggiore chiarezza delle leggi in vigore: si invoca l’adeguamento delle norme italiane a quelle comunita­rie, a partire dal ruolo dello skipper il cui iter di formazio­ne appare inadeguato. Altre speranze espresse da­gli addetti ai lavori: qualche agevolazione per abbassare una fiscalità elevata (male co­m­une dell’intero settore nau­tico) e un maggiore coordina­mento per la promozione e la lotta all’abusivismo.

Conclusioni scontate? Può essere, però mai come in que­sto momento sarebbe il caso di ascoltare un po’ di più gli operatori e non inseguire sire­ne (non solo marine) di altro tipo.La semplicità e l’efficien­za pagano più delle tavole ro­tonde e delle promesse.

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