Politica

I dodicenni del tentato stupro al Lido fuggono dalla comunità dopo 24 ore

Erano stati bloccati insieme con altri due complici per un’aggressione negli spogliatoi della struttura

da Milano
È durata poche ore la «reclusione» dei due Rom di 10 e 12 anni, fermati dai carabinieri dopo aver aggredito, insieme ad altri due zingarelli di 14 e 16 anni, una quattordicenne. Non essendo imputabili, sono stati affidati a una comunità. Ma non trattandosi di struttura con sbarre e celle, i piccoli se ne sono andati senza che nessuno potesse fermarli.
I due Rom erano stati individuati dai militari domenica verso le 16 quando una ragazzina, romena ma nata in Italia da immigrati regolari, era schizzata fuori urlando dallo spogliatoio di una piscina milanese. Accolta dal personale della struttura, aveva raccontato di aver subito un tentativo di violenza all’interno della cabina. I carabinieri hanno poi individuato e fermato i quattro scoprendo che due avevano più di 14 anni, e sono finiti al Centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria, mentre gli altri sono andati in una comunità per minori in provincia di Lecco. Arrivati lunedì pomeriggio alla sera erano già spariti. Del resto «evadere» da queste strutture non è certo difficile: si tratta di edifici senza cinta muraria, sbarre alle finestre e porte chiuse a chiave. Scappare significa solo prendere la porta e uscire.
«Purtroppo è fenomeno diffuso - sospira l’assessore comunale ai Servizi Sociali - questi piccoli Rom sembrano “programmati” per rifiutare qualsiasi intervento della mano pubblica e, appena messi in qualche struttura, cercare di tornare alla loro comunità. Ogni anno il solo Comune di Milano spende 25 milioni di euro per sostenere le attività di un centinaio di centri in grado di ospitare circa duemila minorenni. Strutture differenziate in base alle problematiche: famiglie difficili oppure criminalità minorile. Con molte etnie riusciamo a lavorare, con gli zingarelli non è proprio possibile. Ne ho incontrati diversi al Beccaria e mi rendo conto che il loro mondo non coincide con il nostro. Ma è quello della strada, del campo nomadi, dei piccoli furti e delle sopraffazioni che rappresentano loro quotidianità.

Alla quale non vogliono, o forse non possono, rinunciare».

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