Cronache

I Ds fanno fuori SuperMarta un’altra volta

I Ds fanno fuori SuperMarta un’altra volta

(...) A farla, la ricerca su Google sforna almeno 80 siti Internet: Gottardi Donata Maria Assunta, diessina pure lei, 56 anni, veronese, ordinaria di Diritto del lavoro ed europarlamentare del Pse, un curriculum lungo dodici pagine fra Ateneo, istituzioni, altri incarichi, libri, monografie, articoli, voci per enciclopedie, recensioni, convegni.
Dicono dallo staff di Vincenzi che «sa come vanno queste cose, Marta faceva parte di una rosa di nomi, ma a quei tavoli siedono in quattro, chi può dirlo. Forse qualcuno ha pianto perché era stato escluso». Ecco, forse Donata ha pianto e ha fatto fuori Marta. O forse no. Ieri i nemici di partito della donna da 150mila voti alle Europee, in corsa per farsi candidare a sindaco di Genova contro il compagno di partito Mario Margini, l’hanno subito malignata così: «Se l’era inventato, che sarebbe stata nella commissione dei saggi». Ma non è da lei, suvvia. Epperò c’è quella dichiarazione una settimana fa a un giornale locale, ma quale lista civica per il Comune di Genova, proprio io che sono fra i nove saggi. E allora? «Allora niente, Marta non aveva mai ricevuto alcuna comunicazione ufficiale, semplicemente il giorno prima di rilasciare quella dichiarazione aveva letto il suo nome su un quotidiano nazionale, al quale il nome era stato dato da uno dei partecipanti al tavolo nazionale». Ma anche lì, è in stile Vincenzi attribuirsi un ruolo solo perché lo ha letto sui giornali? Mah. E così si sprecano i retroscena. Il più quotato è quello secondo cui sarebbe stato lo stesso Piero Fassino il segretario nazionale della Quercia a proporre l’incarico a Vincenzi, e proprio in cambio della rinuncia a presentare una propria, temutissima lista civica nel caso in cui i Ds liguri la escludessero dalla partita di Tursi.
Comunque niente paura. La bandiera ligure saranno altri due esponenti a portarla nel Pd, se pure non nella stesura del Manifesto ma nella redazione della rivista. Uno è Andrea Ranieri, nato a Sarzana, senatore Ds, alti incarichi nella Cgil, «esperto di scuola, università, ricerca e formazione professionale» dice il suo curriculum. L’altro è Vittorio Bo, che non ha bisogno di presentazioni e che, reduce dal trionfo del festival della Scienza si dice pronto a coordinare la nascente rivista, perché lo affascina «il fatto che sia tutto in fieri», e perché ritiene sia necessaria una maggiore integrazione fra il linguaggio, il dibattito scientifico e le forme di partecipazione civile e politica. E insomma chissà che un po’ di scienza applicata alla politica non faccia bene all’attuale vaghezza del Pd. A lui sì, che lo avevano avvertito, chiedendogli la disponibilità a dirigere la rivista. Come debba essere non sa ancora, e come potrebbe, di certo c’è che «non mi interessa che diventi soltanto un altro giornale in più in mazzetta» e che la prima strigliata ce l’ha già in mente: «Si dice spesso che i governi, Berlusconi prima, Prodi adesso, non riescono a comunicare. Io dico che prima ancora bisogna fare i conti con il che cosa comunicare, e che quindi prima della comunicazione serva il dialogo». Che è detta bene, ma sa di tirata d’orecchie generale, là dove Bo spera che le recenti e rumorose manifestazioni di piazza della sinistra contro il governo di sinistra sulla Finanziaria siano «solo atti simbolici e non di rottura», auspicando «modalità di discussione per la reciproca comprensione e per la mediazione».
Una parola. Vaglielo a spiegare alla base, per dire. Ieri altri cinque segretari di sezione Ds, da Serra Riccò a castelletto, dal Lagaccio a Pontedecimo a Rivarolo, hanno abbandonato il partito per aderire a Unione a sinistra che da Mino Ronzitti in giù raccoglie già tutti gli altri fuoriusciti. Non si limitano a criticare la costituzione del partito democratico, ma si preendono la briga di scrivere che «consideriamo incomprensibile e inaccettabile lo spettacolo poco decoroso che Ds e Margherita stanno dando di sé in merito alla scelta dei candidati a sindaco.

Una scelta che anziché assumere le primarie come via maestra per una reale ed effettiva partecipazione democratica, viene di giorno in giorno rinviata e condizionata da logiche personali di profilo poco edificante».

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