Un segnale di disponibilità, che i Ds hanno ritenuto necessario dare per allontanare da sé ogni sospetto di volersi trincerare dietro i «privilegi» parlamentari evocati da Fausto Bertinotti, in un intervento che ha irritato molto la Quercia. Perché «non sono dichiarazioni che spettano a un presidente della Camera, se proprio voleva dire una cosa simile poteva farla dichiarare al segretario del partito», sbotta un esponente dalemiano.
D’Alema e Fassino non annunciano che i Ds o l’Ulivo voteranno a favore, ma si rimettono a «ogni decisione che il Parlamento intenda prendere», «ivi compreso l’accoglimento» delle richieste del gip. E al tempo stesso non mancano di sottolineare «turbamento e preoccupazione» per le accuse «palesemente infondate» (dice D’Alema) e per le sue parole «scritte senza averne titolo e senza dimostrarne in alcun modo il fondamento» (Fassino). Massima disponibilità a farsi «giudicare» da un lato, dura presa di posizione contro il magistrato che lo chiede dall’altro.
Contemporaneamente, Silvio Berlusconi ha annunciato il suo «no» alla Forleo, e subito nel centrosinistra si son diffusi sospetti e avvertimenti. «Sento puzza d’inciucio», dice il comunista Marco Rizzo, che giunge a ipotizzare uno scambio Ds-Fi sul caso Previti. «Attenti alla trappola di Berlusconi», mette in guardia Di Pietro, che teme un’intesa tra Berlusconi e D’Alema per tagliare le unghie alle Procure.
In casa ds, ovviamente, la linea garantista del capo di Fi non dispiace affatto. Ma il timore di prestare il fianco al sospetto «inciucista» vieta di lodarla pubblicamente (anche se qualche ringraziamento privato è arrivato). «Non ho nulla da commentare sulla decisione di Berlusconi», dice il dalemiano Gianni Cuperlo. «Una cosa è certa: la presa di posizione di D’Alema e Fassino è correttissima e intelligente, perché con l’aria che tira un pur legittimo “no” alla Forleo verrebbe letto in modo strumentale, e si metterebbe in moto un ventilatore di accuse contro di noi».
Di certo non sono passati inosservati, nella Quercia, gli editoriali con cui Repubblica (considerata l’organo principale del veltronismo) ha martellato proprio su questo tasto, evocando i rischi di inciucio e la «nuvola nera» che investirebbe la politica italiana se dicesse no alla magistratura. Né è passata inosservata la posizione espressa da un buon amico del candidato leader del Pd, Leoni, che a nome di Sinistra democratica annuncia: «Voteremo sì a prescindere dall’orientamento della Giunta». Nota il socialista Roberto Villetti, capogruppo della Rosa nel Pugno (che tra l’altro critica «l’errore» di Bertinotti, che ha «suggerito le conclusioni alla Giunta facendosi interprete di una corrente di opinione pubblica»): «La decisione di Berlusconi non cambierà probabilmente l’esito del voto, ma di certo non danneggerà i vertici ds». Perché «è il segnale chiaro che il Cavaliere non vuole cavalcare la tigre mediatico-giudiziaria contro D’Alema e Fassino». E la motivazione la ha illustrata con chiarezza l’azzurro Cicchitto in un intervento sul Riformista, giornale assai filo-dalemiano: l’obiettivo di quella «tigre» è uno solo: «Dare a Veltroni mani totalmente libere in un quadro in cui la dimensione politico-partitica viene totalmente distrutta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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