I Ds si assolvono subito e passano all’attacco: «Teorema contro di noi»

Il Botteghino: «Siamo estranei ai fatti ma rischiamo un’estate nel frullatore» Finocchiaro: «Ricostruzione forzata» Tiepida solidarietà da parte dei prodiani

da Roma

«Rivendico ancora una volta la mia assoluta estraneità a qualsiasi disegno illecito», dice Piero Fassino. «Totalmente estraneo» si dice anche Massimo D’Alema. «Assolutamente estraneo» Nicola La Torre, che dà anche un giudizio sulla ipotesi di reato contestato ai tre massimi dirigenti della Quercia: «Del tutto surreale». Ma il vicepresidente dei senatori dell’Ulivo si dice «sereno», nonostante la «pesantezza» delle parole usate dalla gip Forleo, e confida «nell’analisi seria e rigorosa del Parlamento».
Già, il Parlamento si dovrà occupare della richiesta di autorizzazione arrivata da Milano. Quando, non è chiaro. In casa ds prevedono che prima dell’estate non sarà facile, ma vorrebbero «accelerare», per «non restare tutta l’estate nel frullatore». E il pensiero corre a un’altra estate passata sulla graticola, quella di due anni fa, quella dei “furbetti”, delle scalate e dell’inizio di quel «circo mediatico-giudiziario» nel quale, per la prima volta, la Quercia si è ritrovata sotto tiro. L’inizio di quello che in casa dalemiana viene definito «il teorema contro di noi».
La chiamata alle armi funziona subito, tra i ds: uno dopo l’altro i dirigenti si fanno sentire per respingere «l’offensiva» che coinvolge segretario e vicepremier. La capogruppo al Senato Anna Finocchiaro attacca «la ricostruzione forzata del Gip», e si dice certa che il Parlamento «saprà valutare con serenità». Il dalemiano Gianni Cuperlo è «sconcertato»: «Più che un’ordinanza, la Forleo sembra avere emesso una sentenza». Il fassiniano Migliavacca scandisce: «I ds non sono partecipi né complici di alcun disegno criminoso». Si fa sentire anche il candidato leader del Partito democratico, Walter Veltroni, ma usa toni meno ultimativi e un po’ defilati dalla trincea del Botteghino: conferma la «fiducia già espressa a suo tempo» nei «massimi dirigenti ds», e ribadisce il «pieno rispetto per le azioni della magistratura», che gli altri ds contestano apertamente. Chiedendo persino, come fa Marina Sereni, l’intervento del Csm.
Davanti all’«offensiva» i ds sentono un certo vuoto attorno, dentro l’Unione. Solidarietà un po’ rituale arriva da alcuni compagni di Pd: Franceschini, Fioroni, il rutelliano Zanda (ma Rutelli tace). Dal comunista Rizzo. E dal Guardasigilli Mastella. Per il resto, silenzio o peggio: Di Pietro salva il solo Fassino («per lui metto la mano sul fuoco») ma difende il magistrato, e annuncia che i suoi voteranno a favore dell’autorizzazione. «Lavora in combutta con la Procura di Milano», sbottano in casa ds. Dove si dicono presi di sorpresa: «Ritenevamo superata l’offensiva, da settimane non se ne parlava più. Ma evidentemente la Forleo vuole tenerla aperta, ci ha sostanzialmente già incriminato, manco fossimo Totò Riina e la sua cosca. Da sola? Vedremo». Una cosa soltanto li consola: «Abbiamo visto i toni molto civili e garantisti di Forza Italia, ci hanno colpito positivamente». Contemporaneamente i dipietristi lanciano l’allarme «inciucio», temono che «Fi dia una mano, magari per salvare in cambio Previti». Ma anche dalle parti prodiane non si registra grande solidarietà. Anzi, c’è chi infierisce ricordando che «inspiegabilmente», dopo l’annuncio della candidatura Veltroni, la vicenda intercettazioni sembrava sparita di colpo dall’orizzonte: «I giornali se ne sono dimenticati. Ma l’inchiesta era ancora in corso, e la Forleo non sembra una che molla». Ora, dicono, «i ds chiederanno a tutti noi di votare compatti contro l’autorizzazione». E nel frattempo, aggiungono, premono per un rimpasto: il Botteghino, che «difende il doppio incarico di Veltroni», starebbe invece ponendo il problema delle dimissioni di Enrico Letta, quando ufficializzerà la sua candidatura per il Pd. Il prodiano De Castro potrebbe prendere il suo posto, lasciando il ministero dell’Agricoltura e aprendo un giro di valzer per portare Fassino al governo. Come vicepremier, con qualche delega di peso.

Ma D’Alema (che martedì dovrà affrontare un voto difficile in Senato sulla politica estera), da un paio di giorni va dicendo ai colleghi di governo, con sottile perfidia, che «Fassino sarebbe un ottimo ministro dell’Agricoltura».

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