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I Ds si rifugiano nella teoria del complotto

Ipotesi di complotto contro la sinistra. Piero Fassino e Massimo D’Alema tornano a parlare lo stesso linguaggio e a evocare gli stessi fantasmi

I Ds si rifugiano nella teoria del complotto

Milano - Servizi segreti deviati. Spionaggio politico. Trame occulte. Un filo rosso che lega le commissioni d’inchiesta Mitrokhin e Telekom Serbia con le intercettazioni illegali della security Telecom e, infine, con lo scontro Visco-Speciale. Ipotesi di complotto contro la sinistra. Piero Fassino e Massimo D’Alema tornano a parlare lo stesso linguaggio e a evocare gli stessi fantasmi. Evitano lo spregiudicato paragone con la P2 battezzato da Repubblica. Ma è solo prudenza lessicale, perché quello è lo scenario che tratteggiano.
Se D’Alema affida i soliti sospetti a un’intervista all’Unità intitolata «Vogliono destabilizzare il Paese», Fassino li esprime a chiare lettere a Milano. Difesa «l’assoluta correttezza e trasparenza del comportamento di Visco, che emergerà dalla relazione in Senato», il segretario dei Ds illustra la sua teoria riguardo a «una sequenza di episodi che rivelano la tentazione della destra di ricorrere a metodi, strumenti e pratiche preoccupanti e inquietanti». Accusa il Polo di «uso selvaggio e aggressivo delle commissioni Mitrokhin e Telekom Serbia pensate e gestite come clava per colpire gli avversari, la cui attività è stata ampiamente inquinata da un sottobosco di faccendieri, uomini di dubbia reputazione e oscura provenienza». E sostiene che «lo stesso sottobosco o sottoscala pullulante di personaggi inquietanti ed esponenti infedeli degli apparati dello Stato» opera ciclicamente contro i Ds. Infine l’attacco diretto al Giornale: «L’aggressione a Visco è solo l’ultimo episodio di una pratica sperimentata a lungo», mentre «la destra anche in questo caso cavalca strumentalmente la vicenda, usa metodi inaccettabili e introduce tossine nella vita politica».
L’evocazione del complotto non esorcizza il nervosismo dei Ds e il timore delle ripercussioni del voto in Senato. In primis sul governo, in ogni caso sui ballottaggi di domenica. Non è un caso che Fassino, arrivato a Milano per sostenere i candidati dell’Unione nei comuni dell’hinterland, si affanni a ripetere che «si vota per i sindaci, non per il governo», lasciando intendere che lo scenario nazionale non può che penalizzare i candidati locali.

E non è un caso che gli aspiranti sindaci di Garbagnate, San Donato e Cernusco sul Naviglio abbiano richiesto allo staff della Quercia di evitare simboli di partito o di coalizione nella conferenza stampa con Fassino.

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