I falsi 007 volevano vendere i video di Quattrocchi
4 Luglio 2005 - 00:00Saya e i suoi avevano le immagini delladdestramento del bodyguard. Per venderle avevano chiesto 50mila euro
Ferruccio Repetti
da Genova
È tutto chiaro, ormai, per la Digos genovese e i magistrati che hanno smantellato, dopo un anno dindagini, il Dssa, sedicente Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo, in realtà vera e propria polizia parallela illegale: senza quel tentativo maldestro di piazzare, «per 50mila euro trattabili», un video amatoriale girato in Irak, protagonista Fabrizio Quattrocchi (il body guard rapito e ucciso nellaprile dello scorso anno da terroristi islamici), lorganizzazione guidata da Gaetano Saya e Riccardo Sindoca, entrambi detenuti agli arresti domiciliari, lavrebbe fatta franca ancora per chissà quanto tempo. E soprattutto, avrebbe continuato a spacciarsi come servizio segreto accreditato da Cia e Mossad israeliano, con lobiettivo di proteggere dagli assalti dei fondamentalisti il Sommo Pontefice e le istituzioni, oltre a procedere alla cattura di fuoriusciti latitanti come lex Br Cesare Battisti.
E invece, lazzardo legato al caso-Quattrocchi ha fatto convergere sui falsi 007 lattenzione dei magistrati che avevano aperto il fascicolo sul tragico rapimento. Scoperchiando la pentola della mistificazione: i vertici del Dssa, infatti, erano entrati in possesso di un filmato in cui la guardia del corpo genovese, poi vittima del sequestro, si esercitava al tiro nelle vicinanze di Bagdad, passeggiava per la zona verde della capitale irachena e si mostrava sereno nella camera dalbergo. Oltre a questo video, si era aperta anche la prospettiva di fornire il film delluccisione di Quattrocchi. Nel frattempo, lattività del Dipartimento proseguiva su altri fronti, nel tentativo di ottenere quel riconoscimento ufficiale che avrebbe portato soldi. Tanti: 32mila euro, che stavano per finire nella casse dellorganizzazione fino ad allora rigorosamente autofinanziata. Nelle ultime ore, comunque, si sono appresi nuovi particolari sullorganizzazione che fanno pensare a Dan Brown, e agli intrighi mistico-blasfemi del suo Codice da Vinci. Come nel caso dei «sacri cavalieri Templari che sarebbero accorsi a difendere il Papa dalle insidie di un attentato di matrice islamica». In realtà, del caso era investito in prima persona un usciere-portinaio del Vaticano, presentato come «responsabile della sicurezza». Ma tanto sarebbe bastato per ottenere un contratto milionario per la tutela del Pontefice.
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