Cè un'enclave nel mondo dove i musulmani convivono pacificamente con i cristiani, gli israeliani con gli arabi, i giapponesi con i coreani. Dove non esistono barriere ed i confini politici, religiosi ed ideologici sono una pura convenzione. Quest'oasi della non belligeranza si chiama Club Méditerranée. Quasi come una sorta di Onu del turismo multinazionale e multiculturale riesce a far trascorrere davanti allo stesso panorama, mare o monti che siano, chi ha pensieri e spirito agli antipodi. «I nostri villaggi sono come territori neutrali dove ognuno può assaporare la vera libertà dimenticando per qualche giorno persino le divisioni etniche», spiega Giorgio Palmucci, direttore generale di Club Med. Una convivenza non sempre facile assicurata da una task force di duecentocinquanta volontari pronti ad intervenire in caso di qualsiasi emergenza, politica o naturale che sia: «Nei nostri villaggi i controlli sono serratissimi, anche se i turisti non sempre se ne accorgono», aggiunge Palmucci. «Nei club situati nelle aree geografiche più a rischio facciamo, per esempio, ispezioni sotto le auto con il metal detector e quando lo tsunami ci ha distrutto tre villaggi e altrettanto ha fatto il tifone Wilma gli ospiti sono stati rimpatriati in poche ore grazie alla nostra cellula di crisi».
Temi «seri» che sembrano così distanti dall'atmosfera vacanziera del villaggio di Otranto inaugurato ufficialmente pochi giorni fa dopo una lunga ristrutturazione. Distanti dai tramonti rosso fuoco a picco sul mare di Puglia e dallo spirito energetico dei GO, gli intramontabili animatori, e anche dai quaranta ettari di ulivi, viti, oleandri, fichi d'india che punteggiano quest'angolo di terra del Salento. Ma è il segnale che lo storico Club con il tridente per simbolo che nel 1950 ha rivoluzionato il concetto di vacanza non si accontenta più di essere soltanto il punto di riferimento per due milioni di turisti, di cui circa 750mila francesi, 200mila americani, 100mila belgi, altrettanti giapponesi, 80mila brasiliani e altrettanti italiani, che ogni anno animano villaggi ai quattro angoli del mondo e persino una nave da crociera. «Sono i turisti ad essere cambiati in tutti questi anni come dimostrano le indagini statistiche, e a volere sempre di più, tanto che il budget delle vacanze tra il 1994 e il 2004 in molti Paesi del mondo è raddoppiato», illustra il direttore generale. «Per questo ci stiamo riposizionando puntando sull'esclusività, sui piaceri raffinati, sul tutto incluso e sulla massima personalizzazione dell'offerta con formula à la carte». Il tutto per soddisfare l'esigenza di quattro tipologie di turisti, identificate da uno studio Ipsos realizzato in Francia, che non è difficile scoprire di questi tempi ad ogni latitudine, da Cancun a Cervinia, da Colombus Island a Chamonix, da Agadir a Punta Cana: ci sono i pasha, che aspirano a farsi coccolare cercando confort e benessere per esempio nelle spa, gli appassionati che desiderano vivere intensamente la loro passione, che sia lo sport o lo svago, i clubber, quelli che vogliono provare un po' di tutto, approfittando al massimo delle iniziative offerte da alberghi e villaggi e poi gli esploratori, quelli che vogliono andare alla scoperta di paesi dalle differenti culture.
Tanti tipi da villaggio, stravaganti compresi. Che qui a Otranto si aggirano tra la cricca, una splendida piscina naturale scavata nella roccia che purtroppo soffre del passaggio delle navi in arrivo al porto di Otranto, e il ranch, una masseria con stalla annessa, dove è ancora più spettacolare seguire il tragitto del sole, tra il pergolato dove assaporare le cucine del mondo e il campo da golf, più verde, nonostante la siccità, dei green del nord. C'è il signore autistico che da 20 anni trascorre le vacanze ad Otranto e guardando pochi secondi negli occhi i turisti li incasella dicendo loro altezza, taglia e numero di scarpe. C'è l'habituée del club convinto di avere lo spirito del GO, o meglio certo di esserlo, così per farlo contento la direzione gli ha dato la targhetta di riconoscimento in modo che anche lui possa dire di far parte dello staff.
Tipi da villaggio, appunto. Come il gruppo di amici che dal 1956, anno di fondazione del Club Med di Caprera, trascorre puntualmente ogni anno in Sardegna la prima e l'ultima settimana della stagione, secondo un rito che costringerà la direzione a modificare almeno un po' il lungo piano di ristrutturazione del villaggio che comincerà in autunno e durerà un paio d'anni: «Il più anziano ha ormai 83 anni, come possiamo chiudergli le porte proprio adesso, dopo cinquant'anni di fedeltà?», s'interroga Palmucci. «Così, quando a settembre li premieremo durante la grande festa per il mezzo secolo del club annunceremo che i loro capanni non verranno toccati e dunque che potranno tornare anche l'estate prossima».
Un panorama di vacanzieri multicolor che non sempre è facile accontentare. Per loro sono state pensate offerte su misura, segmentate secondo il piacere che in vacanza si vuole perseguire: dai villaggi vietati ai minori di 18 anni per chi punta al massimo relax a quelli baby welcome per famiglie con bimbi dai 4 mesi in su con strutture e materiale di puericultura adatte ai piccolissimi, dai passworld teen access per famiglie con figli adolescenti dagli 11 ai 18 anni che nel villaggio trovano materiale per girare clip o cortometraggi, sale di montaggio, piastre di mixaggio, lettori MP3, ai club con atelier di teatro, pittura, video, gastronomia, canto, tutto incluso, come cocktail e buffet fino alle tre di notte, per dire basta a braccialettini e collanine per pagare gli extra. Il tutto sotto lo sguardo dei GO, che non sono più gli animatori fastidiosamente troppo solerti di un tempo: «Anche questa figura si è evoluta col tempo ed oggi a loro si richiede talento, il saper essere e il saper fare e non più modi assillanti e sorrisi forzati», spiega Giorgio Palmucci, da 17 anni nel Club Med, che ancora ricorda come un incubo la settimana di creatività a cui ha dovuto sottoporsi per dimostrare, lui abituato soprattutto a fare i conti, che sapeva anche brillantemente abbinare colori, stili, materiali. «Un cambio d'immagine possibile grazie all'Università dei Talenti che investe quattro milioni di euro per reclutare e formare ogni anno circa ventisettemila animatori.
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