I ferraristi: «C’è da lavorare, siamo indietro»

È un po’ come quando organizzi tutto perché tutto sia perfetto. E, chessò, curi meticolosamente i dettagli perché la festa e il compleanno e l’appuntamento filino lisci e meravigliosi e indiscutibilmente come li avevi programmati più che immaginati. Ecco, a meno di meravigliosi ribaltoni, ieri a Istanbul è andata un po’ così. Per giorni la Ferrari, il presidente Montezemolo, i piloti, gli ex piloti hanno parlato, evocato, raccontato di questi benedetti ot-to-cen-to-gran-pre-mi-del-la-ros-sa pronti a scoccare puntuali in quel di Istanbul e puntualmente, ora, siamo tutti qui a sorridere poco. Per il momento delusi. Colpa del cronometro, di pixel luminosi e strafottenti che sui display del muretto della Rossa hanno ripetuto giro dopo giro un concetto soltanto: ehi, raga, siete un filino indietro.
Per cui Mark Webber, che burbero e scostante e antipaticone resta, continua a interpretare al meglio la monoposto energetica e dunque acchiappa la terza pole consecutiva e ipoteca la terza vittoria di fila. Accanto avrà Lewis Hamilton consapevole di guidare una McLaren ipervitaminica che cresce e si sviluppa e migliora mostrando muscoli sempre più grossi e vistosi. Un culturismo motoristico non in grado, però, di colmare i sedici chilometri in meno di velocità (il discorso vale anche per le altre big) rispetto alla Red Bull lungo la bellissima e impegnativissima curva otto. Come dire: salvo sciocchezze che con Vettel e - massì, la carriera parla anche per lui - Webber possono sempre arrivare, la vittoria sarà questione loro (il tedeschino scatta in seconda fila, lato pulito).
Per la verità, di questi tempi, le sciocchezze sembrano far capolino più spesso in casa di Fernando Alonso che anche ieri ha messo il suo sigillo in qualifica: in Malesia furono pecche strategiche, in Cina la partenza anticipata, a Montecarlo l’ormai noto pasticciaccio dell’incidente nell’ultima sessione di libere che lo costrinse a partire dai box. Ieri ha invece buttato via con un errore in frenata l’ultima occasione per fare il giro buono buono che gli avrebbe fornito il passaporto per andarsi a giocare il Q3. Con ogni probabilità non avrebbe potuto dire la sua per la prima fila, ma chissà, quanto a pestar sull’acceleratore ci sa fare e avrebbe salvato il salvabile, magari anche stupito (a Montecarlo la pole era a portata, a Istanbul no). E, infatti, a sentirlo, pare proprio che errore o non errore, poco sarebbe cambiato. «Non eravamo e non siamo stati abbastanza veloci, soprattutto con le gomme morbide. Per 2 decimi potevo essere terzo, quarto o dodicesimo. Ho ripetuto per tre volte lo stesso tempo, di più (sottinteso anche senza l’errore) non potevo fare e purtroppo sono dodicesimo... Sapevo che il Q2 sarebbe stato difficile e ho provato ad attaccare per migliorare ma non ci sono riuscito». Unica consolazione: «Ora possiamo scegliere la strategia che vogliamo (gomme dure subito) però quelle morbide, al via, danno più grip».
Per certi versi ancor più schietto Felipe Massa, che in fondo scatta dalla quarta fila, ottavo tempo, ma che ben sapendo quanto ama questa pista (tre vittorie di fila in cinque partecipazioni) sa ben interpretare lo stato delle cose. «Siamo più lenti dei nostri avversari principali e dovremo lavorare molto per tornare a lottare per le prime posizioni, su questo non ci possono essere dubbi». E poi: «Anche se questa è una pista che mi piace tanto, non era possibile fare meglio.

Tutto questo non può certo fare piacere né a me né alla squadra ma dobbiamo reagire con calma». Mica troppa...
Quanto all’uomo che corre domandandosi chi diavolo me l’ha fatto fare, ovvero kaiser Schumi, almeno un piccolo motivo l’avrebbe trovato: oggi scatterà davanti al compagno Rosberg.

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