I finiani pentiti preparano l’esodo: non moriremo per Bocchino

L’analisi dell’ex ministro Urso: "Partito in mano a Italo, abbiamo perso credibilità". L’addio dopo le Amministrative. Tra i malpancisti c'è chi vuole mollare subito per non affondare e chi frena: isoliamo i falchi come Granata

I finiani pentiti preparano l’esodo: non moriremo per Bocchino

Roma - Quella che doveva essere la cena del dissenso viene anticipata alle 13 nella sede della fondazione di Farefuturo, in via del Seminario. Nel quartier generale di Adolfo Urso, leader dei finiani malpancisti, si ritrovano una ventina di futuristi. Tra questi i deputati Andrea Ronchi, Pippo Scalia, Enzo Raisi, Checchino Proietti; i senatori Candido De Angelis ed Egidio Digilio; gli eurodeputati Giovanni Collino, Potito Salatto, Salvatore Tatarella e il fresco ribelle Enzo Rivellini. Tra loro anche quelli che hanno lasciato il Fli nei mesi scorsi come Giuseppe Menardi e Maurizio Saia, particolarmente critici nei confronti della deriva presa dal partito a trazione Bocchino.
Si discute del «che fare?». Le posizioni in campo sono sostanzialmente due. C’è chi spinge per la rottura subito, pigiando sul tasto dell’ormai irreversibile fallimento del progetto di Fini. Qualcuno dice: «Siamo come un’azienda che giorno dopo giorno perde sempre di più. Non c’è altro da fare che chiudere e aprire qualcosa di nuovo». È la posizione dei falchisti e di chi pensa che ormai la zattera finiana vada abbandonata prima che affondi definitivamente. Qualcun’altro frena. «Aspettiamo almeno le amministrative. Magari riusciamo a raddrizzare la rotta e isolare i Briguglio e i Granata». È la tesi delle colombe alla quale, tuttavia, credono in pochi. Insomma: lo strappo è all’orizzonte. Si tratta di vedere e di decidere soltanto il «quando». Tutti, poi, concordano sull’analisi di fondo: «Il partito è nelle mani di Bocchino. Chi ha voglia di stare in Futuro e libertà per Italo?». Nessuno. Urso ascolta tutti. «Fli aveva un senso quando potevamo fare la terza gamba della maggioranza ma ora?» gli chiedono. E poi il caos tra la base: «Sul territorio abbiamo perso credibilità, l’emorragia non si arresta». Vero: posto che il recente strappo di Rivellini in Campania ha provocato una fuga in massa che sembra non finire. Nell’attesa gli ursiani si strutturano. La prossima settimana verrà presentata l’associazione Fare Italia che ospiterà anche tre deputati dell’Udc. Uno di questi sarà Ferdinando Adornato. Insomma, altri addii sono dietro l’angolo mentre tra ursiani e finiani è già rissa. Inizialmente l’accusa piomba proprio verso i futuristi moderati. Per alcuni, tra loro, dietro il voto segreto si sarebbe nascosto qualche franco tiratore. Una critica respinta con sdegno dagli ursiani: «È evidente che si sta giocando allo sfascio all’interno del partito, con la diffusione di notizie del tutto false, che sarebbero fatte circolare sulle agenzie di stampa da fonti anonime della maggioranza interna di Fli - si legge in una nota sul sito Fare Italia - crediamo sia un’altra opera di disinformazione fatta da chi non vuol bene a Futuro e libertà e che va rispedita al mittente. Per questo ci aspettiamo una smentita ufficiale e tempestiva». La frenata arriva subito dal capogruppo alla Camera Benedetto Della Vedova: «Fli ha votato compatta, noi siamo leali». Ma sospetti, accuse e insinuazioni rendono il clima futurista sempre più incandescente.
A ciò si aggiunga un paradosso: nel momento di massima fibrillazione del Pdl, Fini rischia davvero di sparire. I Responsabili, infatti, starebbero lavorando a un «nuovo terzo polo» con la tacita benedizione del Pdl. «Nascerà la terza gamba della maggioranza - assicura Pippo Gianni del Pid - realizzeremo quello che non è riuscito a Fini. Il nuovo non è lui ma siamo noi». E anche l’ex Fli Silvano Moffa conferma: «Oggi consegneremo a Verdini un documento programmatico per alzare il profilo riformista del governo.

Andremo verso il rafforzamento del bipolarismo sulla base di un patto federativo tra varie forze». Punti cardine del documento: «Riforma elettorale, elezione del premier preceduta da primarie e superamento del bicameralismo perfetto».

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