da Roma
La protesta contro gli studi di settore incomincia a far breccia nel governo e nella maggioranza. Romano Prodi, al question time alla Camera, nega che gli studi rappresentino una minimum tax e si augura di riprendere la concertazione con le categorie del lavoro autonomo «in spirito di collaborazione». E il segretario ds Piero Fassino va in visita alla Confcommercio - alla vigilia di una assemblea annuale che si annuncia caldissima sul fronte fiscale - e annuncia novità nel Dpef sugli studi di settore. «Credo - spiega Fassino, al termine dellincontro con Carlo Sangalli - che il governo debba raccogliere le osservazioni che gli sono state mosse, e che si debba andare verso un confronto». Le associazioni di categoria chiedono una moratoria nellapplicazione dei nuovi indicatori. E ci si aspetta che, oggi, Pierluigi Bersani riapra la porta al dialogo proprio dal palco della Confcommercio.
L«operazione rattoppo» sembra dunque in corso. La sensazione colta in Confcommercio è che quella di Fassino sia un tentativo di ricucitura non di circostanza. «Non credo che ci sia veramente chi vuole praticare la disobbedienza fiscale - spiega il segretario dei Ds al termine del colloquio con Sangalli - mi sembra più una manifestazione di malessere, che va ascoltato». Cè evidentemente una riflessione in corso in una parte del governo e della maggioranza, ed è probabile che Pierluigi Bersani annunci oggi qualche novità nel suo intervento allassemblea dei commercianti. Ieri, il ministro dello Sviluppo ha detto che «bisogna riprendere il filo del colloquio, perché si è creata unincomprensione che va superata». Anche se, almeno per questanno, il governo non può certo rinunciare ai 2,7 miliardi legati in Finanziaria alla «stretta» sugli studi di settore.
La protesta delle categorie è arrivata, intanto alla commissione Finanze della Camera, dove le rappresentanze delle principali associazioni - Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Casartigiani - hanno chiesto la sospensione degli «indicatori di normalità» ai fini dellaccertamento, e di «andare rapidamente alla revisione degli studi attraverso un confronto con le categorie». Artigiani e commercianti rimproverano al governo di aver dato il via alloperazione «indicatori» senza consultare le associazioni: si è così incrinato, affermano, il rapporto di fiducia instaurato con gli studi di settore. Ma davanti alla stessa commissione Finanze di Montecitorio il direttore dellAgenzia delle Entrate, Massimo Romano, ha invitato le categorie a «non drammatizzare». Secondo Romano, «la non applicabilità degli indici può essere dimostrata dal contribuente, e gli uffici faranno un uso ragionevole di questi elementi». Come tutti gli strumenti statistici, aggiunge Romano, anche gli studi di settore «non sono appropriati in un certo numero di casi».
Allo stesso tempo, il direttore dellAgenzia delle Entrate ricorda che, in media, chi subisce un accertamento paga poco meno del triplo rispetto a chi aderisce agli studi di settore. Nel 2006 chi ha aderito alla proposta del Fisco, sulla base degli studi, ha pagato mediamente 1.567 euro contro i 4.069 euro versati dalle aziende accertate. Romano ha anche ricordato che lanno scorso sono stati effettuati 59.330 controlli, con 8.959 contribuenti in regola, 44.028 che hanno aderito alla proposta del Fisco e 6.343 che hanno preferito il contenzioso.
Martedì prossimo, la commissione Finanze della Camera voterà su due mozioni in materia fiscale: una di Forza Italia, che chiede il congelamento dei nuovi indici, e una del centrosinistra. Mauro Fabris, capogruppo dellUdeur, propone di sospendere lapplicazione degli indicatori di normalità economica «e procedere rapidamente alla revisione degli studi».
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