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I fondi ai patronati

RomaLa sforbiciata è nascosta al comma terdecies (cioè tredicesimo) dell’articolo 12 del maxi-emendamento alla manovra economica, presentato alla commissione Bilancio del Senato dal relatore Antonio Azzollini. Nascosta sì, ma assai pesante per i bilanci dei patronati che, per il 2011, dovranno fare a meno di ben 87 milioni di euro, su un totale di circa 250 milioni di contributo pubblico.
Una brutta botta per la ventina di patronati, che fanno capo ai sindacati ma anche alle organizzazioni del commercio e dell’artigianato, e che pervadono il Paese con circa 10mila sportelli. La legge 152 del 2001 assegna ai patronati una quota complessiva di tutti i contributi sociali versati da datori di lavoro e lavoratori italiani: per la precisione lo 0,226%. L’emendamento alla manovra economica presentato da Azzollini riduce drasticamente quella percentuale, che scende allo 0,178%. Sempre per il 2011 sono ridotti del 22% gli stanziamenti nel bilancio del ministero del Lavoro a favore dei patronati. Complessivamente, il taglio è quantificato, appunto, in 87 milioni di euro.
Immediate, sono giunte le proteste della Cgil, che è la prima organizzazione a godere dei contributi, seguita dalla Cisl e dalle Acli. «Ai patronati si tagliano 90 milioni mentre i tagli ai costi della politica sono di 72 milioni», attacca il sindacato guidato da Guglielmo Epifani. Ma in realtà non sembra esserci una volontà punitiva da parte di governo e Parlamento. Anzi, tutto deriva dal provvedimento dell’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano (governo Prodi) che abolì il cosiddetto «scalone» pensionistico deciso dal precedente governo di centrodestra (lo «scalone Maroni»). Il protocollo sul welfare prevedeva infatti l’accorpamento e la razionalizzazione degli enti previdenziali per coprire in parte i costi della trasformazione dello «scalone» in «scalini». La razionalizzazione, ovviamente, non c’è stata. E così, come stabilito dalla legge, dal 1 gennaio 2011 avrebbero dovuto aumentare le aliquote contributive. Invece, le aliquote resteranno ferme, e i maggiori costi li copriranno i patronati, rinunciando a circa un terzo del contributo pubblico. Insomma, per il digiuno forzato i sindacati devono ringraziare Prodi e Damiano.
Sui patronati la polemica è infinita.

Servono davvero? Sono utili ai cittadini, o rappresentano semplicemente una fonte di finanziamento per le macchine organizzative sindacali? I patronati, il cui compito è di evadere semplici pratiche pensionistiche e fiscali, non solo ricevono il contributo pubblico sulla base del numero di operazioni fatte; gli stessi utenti pagano una cifra di qualche decina di euro, solitamente, per pratica; e l’Inps versa 15 euro per ogni dichiarazione dei redditi dei pensionati. Fatti i conti, anche se un po’ alla buona vista la scarsa trasparenza dei patronati, si arriva a un qualcosa come 400 milioni di euro incassati all’anno.

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