I fondi per l’infanzia e la fame nel mondo? Sprecati in burocrazia

I numeri lo confermano: gli italiani sono sempre pronti ad aprire il portafogli quando c’è da aiutare. Il problema è dove vanno a finire i soldi? L’inchiesta del Giornale scova un’altra (grave) falla nel sistema della solidarietà: nemmeno le grandi istituzioni internazionali che si occupano di aiutare i più deboli sono esenti dal sospetto di sperperare una buona parte degli ingenti fondi che hanno a disposizione.
Naturalmente in questo caso non si tratta di truffe, come in altre situazioni che abbiamo raccontato nel corso di questa inchiesta. Piuttosto, da una radiografia approfondita dei bilanci delle due organizzazioni internazionali collegate all’Onu - Fao e Unicef - emerge che le due strutture dispongono di bilanci da centinaia di milioni, ma sono troppo appesantite da vasti apparati burocratici. Apparati che, nel caso della Fao, l’agenzia che si occupa di aiutare a risolvere il problema della fame nel mondo (già dal 1945, ma senza purtroppo che si intraveda all’orizzonte la soluzione del problema), sono sotto al nostro naso, visto che la sede principale è a Roma. Negli ampi corridoi del palazzo di viale Aventino resta impigliato un bel po’ del denaro che dovrebbe essere destinato ad aiutare chi soffre per malnutrizione e denutrizione. Le iniziative che fanno capo alla Fao sono tante e differenti, ma alla fine solo il 29 per cento del bilancio viene destinato a voci strettamente collegate all’alimentazione e all’agricoltura.


Discorso simile per l’Unicef: anche in questo caso, analizzando i bilanci si scopre che l’agenzia vede impantanarsi nei meandri della burocrazia una quota spaventosamente grande dei propri fondi. Solo poco più del 57 per cento arriva a destinazione. Numeri che fanno riflettere, almeno quanto i periodici appelli ai Paesi donatori.

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