I fratelli Conticello a Milano portano il panino anti-mafia

Da questa mattina i milanesi, per gustare «U panu cà meusa», il panino con la milza, non dovranno più prendere l’aereo e recarsi a Palermo. Basterà andare, in bici, a piedi o in tram, al 10 di via Ponte Vetero, tra il Castello e Brera, ed entrare da Princi, la panetteria, una di quattro in verità, di un calabrese, Rocco Princi, arrivato a Milano «in nome del pane» come scrive nel suo sito. Che va aggiornato perché adesso, stesso posto, abbiamo il matrimonio tra lui e l’Antica Focacceria S. Francesco, due realtà oltre la stessa vetrina.
La singolarità del rapporto va ben oltre la possibilità di fare grandi colazioni o comprare un gran pane piuttosto che gustare i piatti di un posto storico di Palermo in trasferta al Nord. I fratelli Vincenzo e Fabio Conticello, quinta generazione dietro il bancone della focacceria - il nonno del loro nonno aprì nel 1834 -, sono un simbolo della lotta alla mafia, quella condotta con i fatti e non i bla bla bla retorici. Nel 2005 Vincenzo venne invitato a pagare il pizzo; invece di cedere, denunciò i suoi estorsori che, arrestati, vennero da lui riconosciuti in aula e condannati.
Da allora vive sotto scorta e tutti i suoi passi monitorati dalle forze dell’ordine. Entrare in affari con lui vuole dire fare una precisa scelta di campo e questo spiega la presenza ieri sera all’inaugurazione del vicepresidente della Commissione antimafia Fabio Granata e del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti che si sta impegnando per bonificare la sua città.
Ha spiegato Vincenzo Conticello: «La prima telefonata l’ha fatta Princi, luglio dell’anno scorso. Per la verità, mi chiamò il vicecapo della Mobile di Palermo per dirmi che era stato contattato dalla questura di Milano perché un imprenditore di Milano voleva parlarmi per fare impresa assieme. Princi mi aveva visto in televisione, protagonista a Blu Notte per via del racket, ma ero in partenza per i Giochi a Pechino, così ci siamo presi del tempo e tutto è stato deciso tra Natale e la Befana».
E un mese e mezzo dopo eccolo a raccontarsi a Milano: «Qui portiamo la qualità dei nostri piatti e dei prodotti siciliani, tutti di realtà impermeabili alla mafia come i vini Planeta. Poi c’è il fatto che noi dell’Antica Focacceria abbiamo voluto marcare il nostro territorio: da una parte gli onesti e dall’altra i mafiosi. Sicuramente è tanta la gente che mi diceva e ancora mi chiede “ma chi te lo ha fatto fare?” e già solo ponendomi questa domanda si qualificano per il poco o nulla che sono, poi ci sono le pacche sulle spalle, che vogliono dire ancora di più. Io voglio una Palermo dove sia possibile essere liberi di operare senza che l’azienda sia prigioniera della mafia, anche perché poi il pizzo non lo paghiamo noi, ma i nostri clienti a cui aumentiamo i prezzi».
Sono stati mesi duri: «Quando nel 2005 decisero di premermi addosso, iniziarono a prendere di mira non solo le nostre strutture, ma anche le macchine di chi veniva da noi. Le danneggiavano senza rubare nulla perché non volevano rubare, ma intimidire i clienti e renderci la vita impossibile. Adesso dove siamo noi è il luogo più sicuro di Palermo, nessuno più osa spostare qualcosa e chi abita vicino mi ringrazia».
E l’onesta costa: «Il nostro panino con la milza viene 3 euro, quando per strada lo trovi a 1,80. Però, a parte qualità delle materie prime e digeribilità, io pago le tasse e ho 48 dipendenti tutti in regola. Ai miei concittadini dico che servirsi da quelli come me, è mandare un segnale preciso: i soldi si danno allo Stato e non alla mafia».
Pensando ai prezzi di laggiù e di Milano, a Conticello scappa una risata: «Sono uguali, forse un po’ più alti a casa.

È che a Milano, tanti a pranzo usano i ticket e ci siamo dovuti adattare a rientrare in certi tetti, oltre che in ben più brevi tempi di servizio. A Palermo invece la pausa pranzo è più lunga, verso l’una e un quarto si esce dall’ufficio e con calma si va a casa a pranzare e forse, ma forse nel pomeriggio si torna al lavoro... ».

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