RomaNon vogliono esser chiamati «frondisti» ma soltanto liberali o ultralealisti. Nel senso di ultraleali al programma di governo con il quale Berlusconi ha vinto le elezioni del 2008. Di fatto pretendono che il Cavaliere - o chi per lui, leggasi Angelino Alfano - torni a fare il Berlusconi. Vale a dire che riprenda a sventolare la bandiera del «meno tasse, meno Stato e riforme strutturali». Anche a costo di rispondere a muso duro alla Lega e di stravolgere la manovra tremontiana che a loro (e non solo a loro) proprio non va giù. In queste ore proseguono febbrili i contatti tra molti esponenti della cosiddetta «fronda» e il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Già lunedì sera il sottosegretario Guido Crosetto aveva incontrato Alfano a Roma per una cena informale. Non un vertice istituzionale ma senza dubbio l’occasione per manifestare tutte le doglianze della pattuglia degli ultraliberali. Incontri e contatti replicati pure ieri dove, in un ristorante del centro si sono attovagliati il ministro Paolo Romani, Crosetto, il sottosegretario all’Economia Luigi Casero e il vicepresidente di Confindustria Guidalberto Guidi. Tutti a compulsare come modificare una manovra che, per i frondisti, strozza l’economia e non serve allo sviluppo economico del Paese.
I tempi sono stretti, strettissimi. Si tratta di mettere nero su bianco gli emendamenti da presentare in Senato, dove la manovra è atterrata proprio ieri. Le aperture alle modifiche ci sono visto che Crosetto ha salutato l’incontro con Alfano come «molto positivo». E ancora: «I temi posti da me e dai miei colleghi, e anche da molti esponenti della società civile, delle organizzazioni di categoria e da autorevoli commentatori, e dei nostri elettori, riguardano sia alcuni contenuti della manovra, sia la filosofia stessa del provvedimento», ha detto Crosetto. Ma l’incontro è stato decisamente interlocutorio. Oggi, invece, ci sarà il bis in un summit ufficiale durante i direttivi di Camera e Senato. Un dibattito che si preannuncia acceso soprattutto per le implicazione politiche. Molte delle richieste degli ultraliberali cozzano infatti contro il muro del Carroccio specie in materia di abolizione delle Province e di innalzamento dell’età pensionabile. Ma i frondisti non si fermano, anzi. Oggi si incontreranno con gli scajoliani, pure loro malpancisti nei confronti della manovra targata Tremonti. Gli uomini vicini all’ex ministro hanno già redatto un pacchetto di emendamenti da presentare in Senato. Tra queste: aumento dell’Iva di un punto percentuale (da cui si ricaverebbero 6-7 miliardi all’anno); contributo di solidarietà sì ma solo con il quoziente familiare (in modo da acchiappare il consenso dell’Udc); soppressione delle province per rendere operative le aree metropolitane.
Insomma, ultraliberali e scajoliani cercheranno di fare fronte comune per trovare un minimo comun denominatore delle loro proposte. Le quali vanno tutte nel senso di quanto dice Giorgio Stracquadanio, uno dei frondisti: «I mercati ci hanno chiesto una sola cosa: non l’aumento delle tasse ma la sostenibilità del nostro debito. E il senso della manovra, così com’è, è quello di inseguire la spesa, non di ridurla. Per cui va tagliata con le riforme strutturali». Facile a dirsi ma più difficile a farsi visti i continui niet della Lega a innalzare l’età pensionabile. «Su qualcosa dovranno pur cedere - riflette ancora Stracquadanio - Non possono dire no a tutto: no ai tagli ai Comuni, no all’abolizione delle Province, no alle pensioni». Ma quanti sono i frondisti? Undici sono già usciti allo scoperto (Martino, Crosetto, Stracqudanio, Moles, Malan, Mazzuca, Versace, Bonciani, Bergamini, Costa e Bertolini) ma ce ne sarebbero molti altri pronti a sostenere la battaglia. Sia alla Camera sia al Senato. Già, perché nonostante i sopracitati siano tutti deputati e non senatori, la vera battaglia sarà a Palazzo Madama dove la manovra verrà discussa e votata per prima.
Così mentre ieri il presidente Schifani ha augurato buon lavoro ai senatori, auspicando un «confronto sereno e costruttivo fra tutte le anime politiche della commissione Bilancio», alle quali ha rivolto «un invito a guardare attentamente i contenuti delle proposte di modifica astraendosi dalla provenienza e dalle firme», proprio al Senato si preannuncia un’atmosfera infuocata. Anche perché il governo potrebbe decidere, per fare in fretta, di porre la fiducia alla manovra bis alla Camera. Quindi occorrerà fare tutte le modifiche possibili in Senato.
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