Per i genovesi non è più di moda perdere occhiali ed ombrelli per strada. I dati dell'ufficio oggetti smarriti parlano chiaro: in cima alla hit parade rimangono i cellulari e le chiavi (rispettivamente 16 e 90 nell'ultimo mese), seguiti, però, da oggetti impensabili come un calorifero dimenticato su un autobus. Il suo proprietario, forse soprappensiero, è sceso e non si è più ricordato del voluminoso oggetto che portava con sé, nemmeno quando, a inverno iniziato, avrebbe dovuto scaldarsi. Assieme al radiatore, nel grande magazzino dell'ufficio, da una decina di anni è «parcheggiato» un passeggino doppio. Una mamma smemorata l'aveva lasciato su un mezzo dell'Amt e non si è mai interessata al suo ritrovamento. È andata meglio invece per un frigorifero e a tutto il cibo che conteneva. Un giovane l'aveva riempito con deliziosi cibi italiani, già pronti, da portare in Marocco, ma nella fretta di partire si era dimenticato del grande elettrodomestico sul marciapiede. «È stata una foto ritrovata all'interno del frigo a darci a possibilità di rintracciare il ragazzo. Quando è venuto a ritirarlo è rimasto un po' deluso perché credeva che fosse ancora pieno, ma noi non possiamo tenere nessuna cosa facilmente deperibile». A parlare è Anna Alunno, responsabile dei servizi amministrativi dell'ufficio. «Fino a pochi anni fa - prosegue - i cittadini perdevano agende, rubriche e borse. Mentre oggi ci troviamo davanti cose ben più strane, come si può vedere da tutto ciò che ci circonda nell'ufficio».
Infatti si notano subito le statuette di santi appoggiate sugli armadi, quasi sicuramente comprate per ornare tombe di famiglia, e un quadro con doppia tela, dipinto da entrambe le parti. Gli impiegati assicurano che dopo tanti anni sarebbe difficile separarsi da quest'opera anonima. Ma ci sono anche oggetti indispensabili per i loro proprietari, che stranamente non si sono mai fatti vivi: un arto finto e una sedia a rotelle lasciati vicino ad un posteggio auto vuoto, oppure la balalaica abbandonata sotto la tettoia della fermata del bus. Si pensa che possa appartenere ad un cantante di strada, che non conosce il grande ricovero comunale. Come è impossibile dimenticare la felicità di unanziana signora quando le hanno fatto vedere la sua protesi. La donna non ha pensato all'igiene e se l'è subito infilata in bocca. Alunno ricorda anche le Colombiane del 1992 e i giapponesi di uno stand: «Portavano qualsiasi cosa trovassero: un fazzoletto di stoffa usato, un classico bottone bianco di camicia. Credevano che qualcuno potesse essere disperato per la loro mancanza, speravano di aiutare tanta gente e invece per molte cose non è mai venuto nessuno». Per non parlare degli oggetti che hanno un valore affettivo: fotografie, ciondoli e portachiavi. Gli impiegati sperano sempre nel lieto fine, ma spesso si trovano davanti persone disperate per la perdita di un caro ricordo. «Nel momento in cui un oggetto viene portato qui - spiega Alunno - il lavoro che segue è lungo: bisogna schedarlo, inserire i dati della persona che l'ha ritrovato e cominciare le ricerche. Se si tratta di un portafoglio con i documenti o di un cellulare il proprietario è facilmente rintracciabile, mentre per tutto ciò che resta anonimo si spera che sia chi lha perso a farsi vivo».
Nel caso in cui nessuno ne faccia richiesta, dopo un anno l'oggetto può diventare di proprietà di chi l'aveva raccolto dalla strada, oppure essere messo all'asta dal Comune o anche occupare un posto del magazzino. Per i cittadini sbadati è da poco tempo entrato in funzione il servizio internet 24 ore su 24.
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