Cultura e Spettacoli

I giochi di quelle ragazze in fiore sarebbero piaciuti a Lattuada

Presentato «L’educazione fisica delle fanciulle» di cui il regista da poco scomparso firma la sceneggiatura. Nel cast Jaqueline Bisset e Eva Grimaldi

Stenio Solinas

nostro inviato a Venezia

Una ragazzina sbranata dai cani, un'altra lasciata morire di paura e di stenti, una terza stuprata sino a farle perdere la ragione, una quarta che si impicca, la loro gelida e inflessibile istitutrice che si spara un colpo di pistola in bocca... Nella serata inaugurale della 62° Mostra del Cinema di Venezia, L'educazione fisica delle fanciulle allinea, fuori concorso, un campionario di orrori che non sarebbe spiaciuto a Quentin Tarantino... E invece la fonte del film è un romanzo fine secolo, MineHaHa, dell'austriaco decadente Franz Wedekind, l'autore di Risveglio di primavera e la sceneggiatura originale porta la firma dell'italiano esteta Alberto Lattuada, il cantore per eccellenza dell'età acerba, delle ninfette e dei languori... L'impressione che John Irvin, regista inglese dal piglio hollywoodiano (Hamburger Hill, I Mastini della guerra) ci abbia messo abbondantemente del suo, non è peregrina.
Che il libro di Wedekind avesse entusiasmato Lattuada, è più che comprensibile, visto che si tratta di un piccolo campionario del, come dire, Lattuada-pensiero. C'è il risveglio dei sensi, l'età ingrata dell'adolescenza con le sue paure, i suoi rituali e i suoi misteri, l'ambiente chiuso di un collegio, repressione e anarchici e infantili conati di ribellione, il sesso come scoperta, educazione, innocenza e inganno, la morte come accidente, espiazione, punizione. Lattuada fu anche il regista di Lettere di una novizia, dove la fonte letteraria era l'omonimo romanzo di Guido Piovene, vicentino, nobile, roso dai sensi di colpa ideologici e dai rovelli psicologici propri di un'educazione cattolica ma di un culto pagano del corpo. E non per nulla il suo film d'esordio fu quel Giacomo l'idealista dove una verginale Marina Berti rimaneva vittima della violenza di un giovin signore.
Ambientato in Turingia, alla vigilia della Prima guerra mondiale, L'educazione fisica delle fanciulle è sgradevole al punto giusto, una favola nera dove Cappuccetto rosso non viene salvato da nessun cacciatore ed è vittima innocente della propria ambizione. Vorrebbe essere la prima ballerina del corpo di ballo che il rigido collegio seleziona per lo spettacolo clou a cui il principe avrà la compiacenza di assistere: e non sa che il premio è in realtà un'offerta sacrificale.
Prodotta dall'italiana Ida di Benedetto, interpretato dall'americana Jacqueline Bisset, diretto, come già detto, da un regista britannico che non disdegna il business d'oltreoceano, il film ha il suo punto di forza oltre che nella recitazione della Bisset, appunto, e di un calibrato cast (le nostre Galatea Renzi e una sorprendente Eva Grimaldi, Mary Migly, Hannah Taylor Gordon) e in una buona ricostruzione di ambienti, soprattutto nelle jeunes filles en fleur che al tutto fanno corona. Bellezze ancora infantili, ovvero sul punto di esplodere, caratteri dolci e caratteri ostinati, romantiche all'eccesso o già toccate da un'ingenua malizia, amiche devote e già innamorate infelici...


La visione, nello stesso giorno, proprio di quel Giacomo l'idealista con cui a trent'anni Lattuada fece il suo ingresso nel cinema, lascia il rimpianto, senza nulla togliere al talento di Irvin, di cosa quella sceneggiatura avrebbe potuto essere con lui dietro la macchina da presa. Non necessariamente un film migliore, ma sicuramente un film diverso, dove il gotico funereo si sarebbe stemperato in una maliconica elegia dei dolci-tragici inganni dell'età del desiderio.

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