da Roma
Nella sala delle fiaccole c'è già un posto vuoto per quella più contestata della storia olimpica. Nella stanza a fianco, una specie di suite presidenziale, campeggia su tutto la coppa del Mondo di calcio, ma Gianni Petrucci - 62 anni, presidente del Coni ormai da 9 - ci tiene a far sapere: «Tutta questa roba non è mia, l'ho ereditata». La suite farebbe gola a molti, lui assicura che nulla è per sempre: «Si può vivere benissimo senza Coni». Lo fa mentre l'occhio gli cade sulla tv e una luce nella pupilla accoglie le notizie che scorrono sul passaggio dal vecchio al nuovo governo. Lui guarda e non parla, ma l'occhio sì.
«Presidente - interrompo il piacevole momento -, parliamo di Olimpiadi». È la miccia: «Appunto, sa cosa ho appena detto ai suoi colleghi giù sotto? Che tutti parlano di Europei e nessuno della Nazionale olimpica. Perché? Perché? Mi chiedo io». A questo punto ero pronto a parlare subito di Cina e di Tibet, ma abbozzo e glielo chiedo. «Presidente, perché?». È l'esplosione: «Perché noi italiani pensiamo sempre di vivere al centro del mondo. Per noi conta solo il calcio, il calcio, il calcio. Ma a modo nostro». Ci riprovo: «In fondo però alle Olimpiadi il calcio è considerato un corpo estraneo...». Respinto: «Già, ma lei lo sa che è lo sport che fa il primo o il secondo incasso ai Giochi?». Insisto: «Si, però atletica, nuoto o basket sono comunque considerati più “olimpici” del pallone...». È la fine: «Certo. E infatti vada negli Usa a dire che il basket è meno importante. O in Australia a dire che il nuoto vale di meno. È il solito difetto italiano: quello che non conta per noi, non deve contare per nulla». Mi arrendo.
Presidente, va bene: parliamo della Nazionale olimpica di calcio.
«Perché ad esempio uno come Del Piero non potrebbe andare ai Giochi?»
Questa sì che è una notizia...
«Aspetti, non mi faccia dire cose che non mi competono. Dico solo: uno come lui - ma anche altri, eh - potrebbe fare sia gli Europei che le Olimpiadi. Non è vietato».
Dunque?
«Dunque le scelte non spettano a me. Per carità, era un esempio».
Del Piero però...?
«Però... Perché no?»
Già, ricevuto. Diciamo che dal calcio si aspetta una medaglia. L'obiettivo è 30, come dice il segretario generale Pagnozzi?
«Pagnozzi è un entusiasta».
Facciamo un numero.
«Diciamo che Pagnozzi spesso c'azzecca. Però guardi: prima bisogna vedere cosa fanno Usa, Russia e soprattutto Cina. Poi faremo i conti».
Che fa: si accontenta delle briciole?
«Certo che no. Però: noi siamo un Paese piccolo, siamo un fenomeno nel movimento mondiale. Mi auguro l'exploit di sempre, ma consideriamo che è un exploit».
Faccia allora i nomi di chi non la deve deludere.
«Faccio i nomi di atleti a cui vogliamo bene: gente come la Idem o Rosolino per esempio. Altri come Benelli nel tiro a volo e Di Buò nell'arco che sono alle sesta partecipazione. Insomma tutti quelli che conoscete, per i quali dobbiamo ringraziare il buon Dio e le famiglie».
Il portabandiera?
«Decidiamo entro un mese. La rosa è quella che potete immaginare».
Bene, però adesso parliamo di Cina. E di Tibet.
«Ma guardi: la situazione direi che è completamente chiarita: non ci sarà nessuna censura per gli atleti».
Lo giura?
«Certo: non abbiamo né il volere né il potere di togliere la libertà di espressione. Ci saranno solo delle regole e dei siti da rispettare».
Ah, ecco.
«Ma queste sono le regole del Cio, mica nostre».
Niente manifestazioni sul podio dunque.
«Lei lo sa che ad Atene stavamo per perdere la medaglia di Montano?».
Davvero?
«Salì sul podio con una bandiera con scritto 0586: vada a spiegarglielo al Cio che si trattava del prefisso di Livorno...».
Dunque lì non si può.
«Non si può. Ma ci saranno modi e tempi per esprimere un personale dissenso».
Noi del Giornale abbiamo avanzato la proposta di boicottare televisivamente la cerimonia di apertura.
«La mia carica istituzionale mi impedisce di esprimermi. Prendo atto di questa idea come di altre che ho sentito. Osservo ma non giudico».
Torniamo allo sport: sarà un'Olimpiade senza basket italiano.
«Una delusione. Fortissima. E non solo per noi».
Nel senso?
«Nel senso che anche all'estero si chiedono come sia possibile che la nazionale medaglia d'argento ad Atene sia rimasta fuori».
Glielo possiamo spiegare con un campionato che assomiglia a un mercato delle pulci?
«Certo, anche. Io ad esempio ho chiesto di smetterla con questo mercato aperto tutto l'anno. E il basket ha capito e si sta dando delle regole nuove».
Che ai giocatori italiani non piacciono.
«Ma i giocatori devono pensare che le riforme vanno fatte nel tempo. Loro invece vogliono tutto e subito. Facciano delle proposte concrete. E comincino magari a chiedersi come mai gli italiani costano di più».
Dunque è fiducioso.
«Fiducioso. Bisogna riportare il basket nelle grandi città: lo dicevo anche quando il presidente della federazione ero io».
Fiducioso anche nel calcio?
«Nel campionato sì, in fondo a due giornate dalla fine non è stato deciso né chi vince né chi retrocede».
Però 20 squadre in serie A sono troppe.
«Facile dirlo. Ma come si fa a togliere i diritti sportivi a chi li ha? Via, non mettiamo troppa carne al fuoco: i problemi sono altri».
Dica.
«Due anni fa dissi che ci voleva un Piano Marshall per riportare la gente negli stadi. Mi sembra che non sia stato fatto nulla di concreto».
Be’: i presidenti parlano di stadi nuovi, con centri commerciali, cinema, ristoranti...
«Tutto bellissimo. E ho sentito anche che qualcuno dice che si possono costruire in due anni. In due anni? In Italia? Lei ci crede?».
Io no. E allora che si fa?
«E allora ripeto: ricominciamo a portare la gente allo stadio. Qualche società ci ha provato ed è riuscita in parte abbassando i prezzi di alcune partite: perché non studiare il problema seriamente?»
Il calcio dice che i problemi sono altri.
«Ma lei ha visto cos'è successo col fairplay?».
In fondo è solo una stretta di mano alla fine.
«Già, ma tutti i legulei sempre pronti a criticare dicevano che imporla era sbagliato, che il calcio non è come il rugby e via banalità».
E invece...
«E invece ringraziamo il rugby che è il vero fenomeno degli ultimi tempi, fenomeno sportivo e di cultura. Che il calcio ha capito di dover imitare».
Altre note dolenti: gli arbitri.
«Scusi: ma nota dolente perché? Tutti volevano Collina e adesso Collina è diventato un incapace. Lasciamo lavorare lui e i suoi arbitri per favore. E vedrete».
La tecnologia potrebbe aiutarli.
«Io sono d’accordo solo sul gol-non gol. Il resto è solo utopia, stravolgerebbe tutto».
Capitolo doping. Ha sentito Gimondi? «Il Coni non usa lo stesso metro con gli sport più ricchi».
«Benedetto Gimondi: io gli voglio bene, ma non si possono fare difese d'ufficio senza conoscere i dati. Il Coni fornirà tutti gli elementi per smentire certe leggende».
Ce li fornisca subito.
«Allora le dico che nel 2007 nel calcio sono stati effettuati 363 controlli a sorpresa. Nel ciclismo 4. Basta?».
Dovrebbe.
«Il ciclismo non può pensare che il Coni goda quando trova dei corridori positivi. E comunque nel dubbio bisogna sempre affermare l'innocenza fino a che non si hanno prove concrete».
Ultimissima: se le dico Melandri che fa?
«Le dico che io non capisco chi è malato di eccessivo interventismo. Voleva chiudere la Coni Servizi, ma sa perché?».
Il sospetto ce l'ho.
«Appunto: perché fu un'intuizione di Tremonti ministro dell'Economia sulla quale, è ottusità non riconoscerlo, io avevo riserve. E invece...».
E invece.
«E invece il debito del Coni è passato da 450 milioni di euro a 50 e gli Internazionali d'Italia di tennis, per i quali stiamo costruendo il nuovo Centrale, quest'anno chiuderanno con un utile di 2 milioni. Mica poco, no?».
Lo dica alla Melandri.
«Dico solo che quando mi si promettono emendamenti alla Finanziaria che poi non si fanno, io mi risento. E molto».
Per carità, presidente, non si arrabbi. Invece: chi vince lo scudetto?
«Non sono un indovino: siamo nelle mani del buon Dio. I progetti li fa lui».
Però un sospetto ce l'avrà...
«Be’, forse il Papa negli ultimi giorni qualcosa ha saputo...».
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