I giovani di An tra Bertinotti e Mazzone

Inizia oggi la kermesse dell’organizzazione guidata dalla Meloni. Slogan irriverenti, ospiti prestigiosi e un dibattito su calciopoli

Luca Telese

da Roma

Cominciamo dallo slogan della festa: Essere, non sembrare. Capisci quanto può diventare corrosivo appena vedi il modo in cui i ragazzacci di Azione giovani lo hanno declinato: un poster con due foto, scelte per illustrare la parola-chiave «Libertà». Da un lato una foto d’epoca in bianco e nero, l’insurrezione ungherese del 1956 (essere). Dall’altro il ritratto del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (sembrare). Mettete insieme questo cortocircuito di contrapposizioni nette, irriverenza, e un pizzico di goliardia e avete in mano la formula di Atreju 2005, la kermesse con rassegna di dibattiti al vetriolo che celebra il decennale del braccio giovanile di An (da oggi al 17 settembre al Parco del Ninfeo di via delle Tre Fontane a Roma). Direte subito: oddìo, i ragazzi di partito che imitano i più grandi. E invece no: perchè nel caso di An accade forse il contrario, il partito di Gianfranco Fini organizza tre grandi feste ogni anno, ma nessuna ha la visibilità dei ragazzi di Atreju.
Lo scorso anno, per dire, fra le vittime dell’irriverenza goliardica ci fu anche il leader in persona. Era ancora ministro delgi Esteri e nell’incontro con i ragazzi di base, a un tratto si alzò uno che pareva un bonzo: cranio pelato, accento straniero vagamente russeggiante, voce cantilenante quasi commossa. «Aiuto, presidente... aiuto. Aiuto! Il mio popolo, i Kaziri, minoranza cattolica in Azerbajan sono perseguitati dagli integralisti e dimenticati da tutti gli altri. Aiuto, per il mio popolo, ministro. Cosa può fare?». Fini, con aria impeccabile (probabilmente preso da istinto di protettiva ospitalità) iniziò a parlare: «Vede, la vicenda del suo popolo mi è perfettamente nota. Il mio ministero ha già fatto tutto quel che è possibile...». La platea di Ag esplose in un boato. E il ragazzo-bonzo, inalberando un sorriso malandrino disse: «Presidente ti fermo qui. I kaziri non esistono...». E Fini, con scatto felino: «Ragazzi, mi avete fregato! Bravi. Non siete kaziri, forse ma kazzari di sicuro».
Ecco, l’hanno scorso Atreju era costituito sulla formula del versus: faccia a facca senza rete, come quello fra Maurizio Gasparri e Walter Veltroni. Quest’anno la nuova formula ripropone l’idea del confronto-scontro come antidoto alla filosofia dell’inciucio partitocratico, che il popolo di Ag vede come il fumo negli occhi. Non è un caso che i media attendano con il fiato sospeso il match tra Fini e Bertinotti che il 16, nella solita cornice dell’Eur, sarà il clou della rassegna. E in quella stessa sede, con la diretta internautica organizzata dai webbisti di Toqueville.it (c’è anche un apposito sito, Atreju06.com), si celebreranno altri duelli, come quello fra l’inedita doppia-coppia Ignazio La Russa & Emilio Fede, opposta all’altrettanto inedita, Maurizio Mannoni & Marco Minniti.
E poi dibattiti sulla Cina (in questo contesto non poteva mancare un «cattivista» come Giulio Tremonti) sull’identità europea, sugli intellettuali di destra (da non perdere la giornata con Pietrangelo Buttafuoco, Gino Agnese e Alessandro Campi) e persino qualche incursione (apparentemente) fuori tema, come quella nel pianeta-calcio che vede ospite di Andrea Ronchi un uomo-leggenda come Carletto Mazzone; oppure quella letteraria, che avrà per protagonista un bestellerista giovanile come Federico Moccia. Certo, alcuni accostamenti della mostra fotografica resteranno nell’archivio. Ad esempio «Onesti», con la foto di Totò e Peppino (essere) contrapposta a quella dell’amministratore Unipol Giovanni Consorte (apparire). Oppure «Epurati», con Solgenitsyn (essere) e Santoro (apparire). Sotto questo calderone di provocazioni e trasgressioni, sotto una miscela identitaria esplosiva convivono almeno due destre giovanili: una più «antagonista» e una più «conservatrice».
C’è però un telaio solidissimo. Ag tocca quest’anno 60mila iscritti (non quelli d’ufficio di An, il tesseramento è autonomo) e può vantare su una leader carismatica come Giorgia Meloni, «la ragazza della Garbatella» arrivata alla vicepresidenza della Camera.

È lei la vera regista del faccia a faccia Bertinotti-Fini (che ha prodotto un contro sit-in antifascista organizzato dal Pdci). Ed è lei che spiega con molta semplicità: «Questo sarà un dibattito fra avversari che non sono più nemici. Le identità forti non temono confronti». Sarà così anche stavolta?
luca.telese@ilgiornale.it

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