I giudici non cambiano idea: ergastolo per Rosa e Olindo

DIFESA Rifiutate le ultime prove che mettevano in dubbio il racconto del superteste

Ergastolo e 3 anni di isolamento diurno. Ancora. Nell’aula della Corte d’appello di Milano c’è il silenzio che pare annunciare un verdetto imprevedibile, e invece per Olindo Romano e Rosa Bazzi non c’è scampo: sono le 15.26. Fine pena mai per l’ex netturbino e la moglie, unici autori secondo i giudici della strage di Erba dell’11 dicembre 2006, nella quale persero la vita quattro persone - Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, Paola Galli e Valeria Cherubini, moglie dell’unico sopravvissuto alla mattanza, Mario Frigerio. Qualche istante prima che entri la corte, due dei legali delle parti civili si scambiano un sorriso, uno fa il segno «ok» all’altro, quasi come se si aspettassero il verdetto.
E in effetti cinque ore scarse di camera di consiglio sono bastate per i giudici togati e popolari di Milano: l’impianto accusatorio che aveva portato alla condanna della coppia in primo grado è stato confermato in pieno. Non c’è stato spazio per le ultime prove presentate in extremis dalla difesa, né per alcune dichiarazioni spontanee che Olindo e Rosa avrebbero voluto fare prima della sentenza, né tantomeno per quella perizia psichiatrica più volte invocata dagli avvocati Fabio Schembri e Luisa Bordeaux già in primo grado. Tutto già scritto.
«Mai viste tante prove in un solo processo», è il commento a caldissimo del procuratore generale di Milano Nunzia Gatto, la prima a uscire dall’aula a sentenza pronunciata: «A carico degli imputati c’erano le confessioni, il riscontro scientifico, la testimonianza del sopravvissuto: magari fosse sempre così». I dubbi sollevati dai legali di Olindo e Rosa sul riconoscimento di Frigerio, la perquisizione della Seat Arosa che portò al ritrovamento della macchia di sangue e l’ipotesi che le confessioni fossero il frutto di un condizionamento dei due coniugi non sono nemmeno stati presi in considerazione.
Per Olindo e Rosa è stata una giornata drammatica. Dietro le sbarre, appena la corte ha annunciato la camera di consiglio, Rosa si è messa a piangere. Impassibili i due hanno ascoltato la lettura della sentenza e solo quando i giudici si sono allontanati Olindo ha abbracciato una Rosa in lacrime. Ai legali e alla moglie ha sussurrato: «Domani vediamo gli avvocati. E poi c’è ancora la Cassazione. Coraggio».
Le parti civili sono visibilmente soddisfatte. Esulta Carlo Castagna, molto sollevato, che alterna gioia e commozione: «La difesa in questo processo si è spinta fino all’indifendibile», dice riferendosi all’ipotesi che la pista familiare, secondo Schembri e la Bordeaux, non fosse stata sufficientemente esplorata nonostante le molte imprecisioni a verbale sulla ricostruzione degli spostamenti dei figli nelle ore della strage. «Quando si vanno a toccare le vittime - dice - non si può certo parlare di correttezza. Si sono spinti fino all’indifendibile». Il patriarca erbese, che non si è mai separato dai figli Pietro e Beppe, confessa con la voce rotta di aver guardato la foto della moglie Paola sul cellulare al momento della sentenza. Poi ha un pensiero per Olindo e Rosa: «Continuo a considerarli persone da perdonare», e però corregge subito il tiro: «Spero che non siano loro più concessi dei permessi». I figli tirano un sospiro di sollievo: «È stata dura - dice Pietro - tenere botta a tutto il fango che la difesa ha gettato addosso alla mia famiglia e a me in particolare. Ma ora è finita». In serata, davanti alle telecamere di Raiuno alla Vita in diretta alle accuse di «disonestà» si è aggiunta quella di «complicità in omicidio». Solo l’intervento del conduttore, Lamberto Sposini, ha riportato la calma in studio. Ma non è escluso che la vicenda avrà altri strascichi guidiziari.
Anche Azouz Marzouk sembra aver dimenticato quei dubbi (poi smentiti) sollevati alla vigilia della sentenza di primo grado ad alcune guardie carcerarie. «Giustizia è fatta per il popolo italiano, ora però cali il sipario». Ed è «contentissimo» anche Mario Frigerio: «I giudici hanno creduto alle mie parole. Io non ho mai detto bugie».
Nell’angolo degli sconfitti ci sono i legali della coppia: «Mi aspettavo che venisse fatta giustizia. Il minimo che si poteva fare era riaprire il dibattimento e concedere la perizia psichiatrica - ha detto Schembri - sono amareggiato e deluso. In cuor mio ci speravo», ha aggiunto, preannunciando il ricorso in Cassazione.
Davanti alle telecamere si è poi consumato un piccolo siparietto proprio all’uscita del tribunale. Carlo Castagna e Fabio Schembri si sono reciprocamente dati l’onore delle armi.

Un gesto distensivo che però non sembra aver avvicinato le posizioni in campo. «Nonostante le due sentenze - si congeda Schembri - noi siamo ancora convinti che Olindo e Rosa siano estranei al delitto».
felice.manti@ilgiornale.it

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