I guai di Walter da Trento alla Calabria

RomaChissà se Parigi val bene una messa. Di certo, per rimanere alla guida di un partito, pur se malconcio, bisogna ingoiare rospi. Di continuo. Walter Veltroni lo sa bene, lo sa fare. E con gli astri che non aiutano, il nuovo anno si apre come s’era concluso il vecchio: polemiche, lotte intestine, beghe giudiziarie, governi locali che traballano. Un mare di guai, per il segretario, che non trascorre con serenità neppure le sacrosante festività.
E così, non appena rimette piede in Italia, di ritorno dalla capitale francese, è costretto a chiamare l’amica Rosetta, che non ci sta a mollare, ad immolarsi. E con la faida partenopea in atto, tra veltroniani e bassoliniani, il leader democratico deve muoversi in punta di piedi. Per sedare il nervosismo della Iervolino, che «tarantelle» non vuole più ballarne, e mantenere calmo il governatore Antonio. Dunque, resistere, sperare, accomodare. Ed evitare un nuovo tonfo, dopo quello abruzzese, che consegnerebbe pure Napoli nelle mani del Cavaliere.
Insomma, qualcuno salvi Walter. Dagli amici finiti sulle prime pagine, grazie al loro coinvolgimento in vicende giudiziarie che poco si legano con la moralità sbandierata per anni. E da se stesso, visto che, dice il solito maligno, «è dai tempi delle videocassette con l’Unità che non ne azzecca più una». Ma tant’è. E pure quando pensa di aver vinto una battaglia - vedi Provinciali a Trento - deve ricredersi. A mettere il carico, stavolta, ci pensa Lorenzo Dellai, presidente grazie all’alleanza tra Upt, democratici e Udc. «Il Pd oggi non è altro che un moderno partito socialista europeo, dove la cultura del popolarismo, portata avanti dagli ex margheritini, è sparita», spara sull’Adige. Parole che Arturo Parisi non vede l’ora di far sue: «L’illusione che aveva indotto Veltroni a proclamarsi come il carismatico fondatore di un partito nazionale unico del centrosinistra, capace da solo di battere Berlusconi, appare oggi definitivamente demolita».
Non c’è pace. E comunque la si rigiri l’Italia, dal Trentino alla Toscana, dall’Abruzzo alla Campania, senza dimenticare la Sardegna del dimissionario Renato Soru, caduto per mano della sua maggioranza, e la Calabria - dove il governatore Agazio Loiero accusa di essere stato «lasciato solo» - sono schiaffoni.
Ma il bello, forse, deve ancora arrivare. Perché a sentire alcuni ex ds che ruotano tra la Capitale e l’Emilia Romagna, la leadership di Veltroni è al capolinea: «È già partito il conto alla rovescia e nel 2009 ci sarà l’exit». D’altronde, ragionano, come si fa a reggere se alle Europee, come si prevede, arriverà il colpo del ko? Non è un caso, aggiungono, che qualcuno si stia già scaldando. Chi? «Andatevi a rileggere l’intervista di Pierlugi Bersani a Repubblica e capirete».

Si capisce tutto già dal titolo: «Nessuna alternativa a Walter? Se serve non mi tiro indietro». Si vedrà al Congresso. Intanto, Romano Prodi «guarda da lontano», assicura chi lo sente di continuo. E da laggiù, diciamo noi, chissà se sorrida beato.

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