I guerriglieri di Allah, vera spina nel fianco dello Stato ebraico

Armati da Teheran e Damasco, sono ben più pericolosi dei miliziani di Hamas e al Fatah. L’esercito libanese non è in grado di intervenire. Inefficace anche il ruolo delle forze Onu

Israele ha il massimo rispetto per le capacità militari di Hezbollah (il partito di Dio), nonostante l’organizzazione di guerriglia di ispirazione iraniana possa contare su non più di 3.000 elementi operativi, ai quali si aggiungono forse altri 10-12.000 attivisti. Sono almeno 6.000 gli uomini presenti nel Libano meridionale, compreso il grosso delle forze militari. Ma, a differenza delle formazioni combattenti palestinesi di Hamas o Al Fatah, si tratta di combattenti disciplinati, ben addestrati e preparati, con un discreto equipaggiamento, in larga misura fornito da Iran e Siria, una valida struttura di comando e controllo, un servizio intelligence che ha più volte creato seri imbarazzi alle forze israeliane. La larga disponibilità di sistemi di lancio per razzi e di mortai è sfruttata al meglio e permette a Hezbollah di sfidare la potente artiglieria israeliana, come è avvenuto ieri, ingaggiando quasi veri duelli e minacciando moltissimi villaggi e insediamenti in Israele.
Hezbollah ha dimostrato poi di poter condurre operazioni ben pianificate e coordinate, utilizzando soluzioni ingegnose per superare i sistemi di sorveglianza e le difese israeliane al fine di raggiungere un obiettivo ambizioso: la cattura di prigionieri, l’organizzazione di una imboscata contro una pattuglia mobile, anche se dotata di mezzi corazzati, l’attacco contro una postazione o un caposaldo isolato. Si tratta talvolta di operazioni su vasta scala, come l’attacco al villaggio di confine di Rajar del novembre 2005, che vide in azione 50 combattenti.
Per i guerriglieri il successo di una missione dipende ovviamente solo dal fattore sorpresa e dalla possibilità di infiltrarsi senza essere scoperti. Se l’intelligence militare o le forze di confine intuiscono il pericolo qualunque incursione è destinata a fallire con gravi perdite.
Israele schiera una formidabile rete di sistemi di sorveglianza elettronici, basati a terra e su velivoli, con e senza pilota, e utilizza pattuglie mobili e postazioni di controllo fisse per monitorare, giorno e notte, il confine con il Libano.
In questo contesto le forze libanesi sono in pratica solo spettatrici. L’esercito conta 70.000 uomini, dotati in larga misura di armamenti ceduti degli Usa e da altri “donatori”, ai quali si aggiungono 13.000 uomini delle forze paramilitari, ci sono inoltre una piccola Marina con 1.000 uomini e un’altrettanto minuscola aeronautica, ma a mano a mano che ci si sposta da Sidone verso sud la presenza di reparti regolari libanesi diminuisce. Il comando della regione meridionale, con quartier generale a Tiro, non può dispiegare le sue forze per il controllo dei confini. E anche se fosse in grado di farlo, se ne guarderebbe, perché a quel punto ne diventerebbe responsabile nei confronti di Israele.
Neanche l’Unifil, la forza Onu, comprendente quasi 2.

000 uomini, schierata tra il fiume Litani e la Linea Blu, ha una effettiva capacità di sorveglianza dei confini e non è questo il suo compito effettivo. In pratica quindi solo il lato israeliano del confine è davvero presidiato. E Israele non riesce a rendere davvero ermetica la sua barriera difensiva stratificata.

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