Il fumetto è una forma di comunicazione. Ed è giusto che rappresenti temi «forti». Nessuno scandalo dunque se, sulla prima pagina di ieri, il Quotidiano di Basilicata ha scelto di illustrare gli sviluppi del caso Claps non con la solita foto, ma con un disegno che raffigura un giovane allucinato nellatto di tagliare una ciocca di capelli: insomma, limmagine di Restivo in versione manga. Ma il disegno del presunto killer di Elisa, raffigurato con un ciuffo in bocca, può offendere la sensibilità di qualcuno? Crediamo di no, anche perché va dato atto al Quotidiano di Basilicata di aver seguito finora la vicenda Claps con grande correttezza.
Ma, giallo Claps a parte, cè unaltra recente tragedia che si è trasformata in una vera e propria graphic novel: è il dramma di Stefano Cucchi raccontato da Toni Bruno e Luca Moretti in Non mi uccise la morte (Castelvecchi). Centotredici pagine che rievocano il calvario di Stefano che la notte del 15 ottobre dello scorso anno venne fermato a Roma da una pattuglia dei Carabinieri e trovato in possesso di una piccola quantità di hashish. I militari, dopo aver perquisito labitazione di Cucchi, arrestano il ragazzo e lo portano in caserma. Al momento dellarresto Stefano gode di ottima salute. Il giorno dopo il suo arresto, processato per direttissima, ha il volto segnato ma sta ancora bene. Quello è lultimo momento in cui i genitori di Stefano hanno la possibilità di vedere loro figlio. Perché, una volta condotto nelle celle di sicurezza del tribunale e, da lì, nella sezione penale dellospedale, Stefano Cucchi emergerà dallincubo in cui è precipitato soltanto grazie a una serie di immagini raccapriccianti: gli occhi incavati e la mascella rotta come uniche testimonianze di un trattamento crudele e disumano. «Decretato» morto la mattina del 22 ottobre, Stefano Cucchi da quel momento in poi diventa il simbolo dei diritti negati e dei tanti troppi omicidi commessi nelle carceri, sotto la tutela dello Stato. Non mi uccise la morte racconta - col pieno consenso della famiglia Cucchi - gli ultimi giorni di vita di Stefano, squarciando il velo di omertà che è sembrato calare su una brutta storia che ha commosso lItalia.
Ma, sempre in tema di vicende finite nel sangue, cè anche chi sceglie la strada del sarcasmo. Come è accaduto con Erika Di Nardo - la ragazza che a Novi Ligure massacrò a coltellate la mamma e il fratellino - finita in un criticatissimo numero di Alan Ford, storica «striscia» italiana creata da Max Bunker e Magnus alla fine degli anni 60.
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