Erica Orsini
da Londra
«Ma i musulmani vogliono veramente lapartheid in Gran Bretagna»? È linterrogativo pubblico posto ieri dal ministro ombra degli interni britannico, il conservatore David Davis. Dalle colonne del Sunday Telegraph il parlamentare avvia una riflessione pacata, ma incisiva su quello che sta accadendo nella tanto decantata comunità interetnica del suo Paese. E il suo commento si rivela limpietosa fotografia di una realtà su cui molti avrebbero preferito soprassedere, perfino dopo gli attentati del 7 luglio. Sarebbe stato meglio potersi ancora cullare nellillusione che lInghilterra e Londra fossero dei luoghi dove le etnie e le culture si mischiano e si amalgamano arricchendosi nella diversità.
Ma le parole dellex ministro degli esteri Jack Straw sul velo islamico («un ostacolo al dialogo) fanno capire che le cose stanno diversamente, come spiega Davis. «Ci sono bombe inesplose nella politica moderna e una di queste è stata fatta scoppiare proprio da Straw. La sua onda durto si è propagata in tutto il paese, soprattutto nella comunità musulmana. Il che non significa che Jack avesse torto, anzi. I suoi commenti erano assolutamente opportuni e hanno messo in luce una questione allo stesso tempo fondamentale e complicata: il problema dellunità della nostra nazione». Davis sottolinea come i commenti di Straw su quel velo che inquina la comunicazione abbiano toccato il nervo scoperto di una società attualmente troppo divisa al proprio interno. Quello su cui si deve riflettere è quindi «se stiamo creando una serie di comunità chiuse allinterno della nostra società aperta. E se, inavvertitamente non stiamo incoraggiando una sorta di apartheid volontario».
Cautamente Davis parte dallautocritica ipotizzando che siano i vertici della piramide societaria a favorire la nascita e la crescita di quei terroristi «della porta accanto», lultima generazione di giovani islamici cresciuti nelle villette della periferia londinese. Poi però si chiede se quella nuova suscettibilità musulmana a qualsiasi critica le venga fatta, non sia il sintomo della vera intolleranza, del rifiuto verso una reale integrazione. Racconta Davis che nei luoghi dove sono scoppiate le rivolte razziali più feroci degli ultimi anni, come Bradford, Burnley e Oldham, le singole etnie conducono «vite parallele». «Ci sono posti dice dove le diverse comunità non sincontrano mai, non si parlano, non si frequentano». Una sorta di autoghettizzazione dove ognuno preferisce stare con i propri simili senza mai oltrepassare il muro. I musulmani non sembrano essere diversi in questo dai sikh o dai neri.
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