I lupi irpini hanno l’acquolina

Hic sunt leones? Più che altro “hic sunt hirpi”, qua ci sono i lupi, gli stessi che oggi sopravvivono con grande caponaggine alla terra cui danno il nome, Irpinia, flagellata nei decenni da cataclismi geologici e anche amministrativi. Solo che ora siamo a un passo da una svolta mai imboccata: i lupi non scorrazzano più in solitaria ma fanno branco sotto l’egida della gastronomia d’autore. Si chiama Mesali, www.mesali.org, ed è un «movimento di Transumanza gastronomica in Irpinia» che tiene assieme 11 tra i migliori ristoratori di una regione di 119 comuni, 450mila abitanti e quasi interamente coincidente con la provincia di Avellino.
I transumanti citano nientemeno che la bibbia della nuova cucina d’el rey catalano Ferran Adrià - «la cucina è un linguaggio attraverso cui esprimere armonia, creatività, felicità, bellezza, poesia, complessità, magia, humor, provocazione…» - e siedono su una cuccagna di grandi materie prime tutte da scovare e lanciare in orbita ben oltre gli affluenti di sinistra del Calore o dell’alta valle dell’Ofanto: caciocavalli podolici, scamorze, salumi come la subbursata, paste caserecce tipo cecaluccoli e lagane, nocciole irpine, castagne di Montella, tartufi di Bagnoli…
Difficile trovare un capobranco, ma certo Antonio Pisaniello della Locanda di Bu vale una lepre kenyota tanto è scattante e abile a tirare la volata gli altri. E lo fa da un luogo impervio e con una tenacia tale che occorrerebbe trasferire l’aggettivo veronelliano «eroico», storicamente rivolto a certi viticoltori, a un ristoratore tout court. Questo perché, primo, Nusco sta a oltre i 900 metri di quota, fattore che rende impossibile la comparsa della clientela a gennaio e febbraio, i mesi delle strade ghiacciate. Secondo perché neanche nel resto dell’anno tanti di quelli che abitano nelle immediate vicinanze fanno capolino. Peggio per loro perché, tanti forestieri lo sanno, il mancato profeta in patria è di quelli illuminanti, un animista che lavora su materie grandi materie prime «vive»: quasi respira la Ricotta fritta di Montella con salsa di broccoli, acqua di pomodoro, prosciutto di Venticano, colatura di alici e patate bianche. Ed espandendo con la forchetta il rosso d’uovo di quel semplice e impeccabile Uova, asparagi e ricotta, si schiude un mondo di profumi e sapori insperati. E arricchito dalla sapienza bio-orientata del giovane sommelier Antonio Benevento: ricorderemo finché campiamo il naturale Adam, un Irpinia Bianco Igt della Cantina Giardino. E avremmo bevuto alla nausea quel Rasott di Boccella, un aglianico che è uno scrigno di profumi contadini.
A proposito di vini (a proposito: fresca di stampa la Guida Completa ai Vini dell'Irpinia di Luciano Pignataro per le Edizioni dell'Ippogrifo), non dimentichiamoci che siamo nell’unica provincia italiana a vantare 3 Docg: Taurasi, Fiano e Greco di Tufo. Un grande nome è quello di Antonio Caggiano da Taurasi, uno che meriterebbe la visita per il suo Macchia de’ Goti, un aglianico in purezza che porta in bocca mineralità ai frutti di bosco, ma anche per l’eccentrica e incredibile foggia della sua cantina sotterranea in pietra, in parte assemblata da materiali di recupero del devastante terremoto del 1980.
Dici Taurasi e non puoi non citare Feudi San Gregorio, azienda vitivinicola che fa la voce grossa sull’intera scena meridionale italiana e che qui tuttavia menzioniamo per il suo ristorante Marennà, nel quartier generale di Sorbo Serpico. In un locale nippo-minimal, lo chef Paolo Barrale, siciliano di Cefalù, ci ha messo poco a indossare i panni dell’irpino e a trasferire in tavola con maniacalità filologica i sapori del passato, spettinati con slancio sorprendente, leggi Passata di lenticchie rosse con petali e fiori del giardino (bellissimo il roseto sperimentale lì accanto) o il buonissimo ensemble di Coppa di maialino e scampi, insalata tiepida di fagioli di Controne e cime di rapa.
Ultimi due post-it enogastronomici da appiccicare in macchina: impossibile marcare visita all’unico stellato Michelin di zona, l’Oasis Antichi Sapori della famiglia Fischetti di Vallesaccarda, altra insegna transumante nell’associazione Mesali e scintillante per le zuppe, il lavoro sulle carni povere e quei Ravioli di burrata ed erbette con manteca campana e tartufo.


Alla voce olio d’oliva, mette infine in imbarazzo per quant’è buono e profumato l’extravergine da monocultivar ravece dell’oleificio San Comaio di Zungoli: piccante ed equilibrato, riflette un po’ lo spirito dei produttori che da queste parti non si fanno prendere da quel certo genetico disfattismo.

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