Fino a dove siamo disposti ad arrivare per raggiungere i nostri scopi? È lo scomodo interrogativo posto ne Il metodo Grönholm (fino al 4 marzo), la pièce teatrale diretta da Cristina Pezzoli, con Nicoletta Braschi, Maurizio Donadoni, Enrico Ianniello e Tony Laudadio, che debutta questa sera al teatro Quirino (fino al 4 marzo).
Scritto dallautore catalano Jordi Galceran, il testo tratta della selezione di personale nelle grandi aziende: sul palco, quattro candidati aspirano a un posto di lavoro in una multinazionale. I personaggi interagiscono, grazie agli input che ricevono dallesterno (presumibilmente dai loro datori di lavoro), e per sopraffare laltro calpestano i principi etici elementari. Uno spettacolo sulla crudeltà, dunque, in cui lo spettatore è chiamato a partecipare al gioco, e a capire, come in un thriller, dove si nascondono verità e menzogna.
«Sono rimasta folgorata da questa pièce - spiega Nicoletta Braschi, che interpreta lunica donna candidata al posto di lavoro -. I personaggi sono degli agghiaccianti tipi nuovi. Forse corrispondono al modello di manager che ci è arrivato dallAmerica. Nel mio personaggio non cè neanche una minima parte di bellezza. Cè la costruzione della barriera tra uomo e uomo e la distruzione dellempatia».
E quando le si chiede un giudizio umano su questi «nuovi manager» lei risponde: «Loro non possono redimersi, e sono umanamente da evitare: il mio messaggio è evitate chi dà segni di questo tipo». Il metodo Grönholm (che prende il nome dal campione di rally Marcus Grönholm) è solo apparentemente un «dramma aziendale». Dietro al felice humour nasconde in verità una dura metafora sulla società contemporanea, già rappresentata nel teatro di Beckett e Mamet, e nel cinema di Lars Von Trier (Dogville). «Questa pièce, pur essendo contemporanea, ha lo spessore del classico - spiega la regista -. Il testo è una macchina da guerra che riesce a creare una sorprendente attenzione del pubblico. Cè qualcosa che rimanda al teatro di Eduardo.
Seppur Il metodo Grönholm non sia un dramma a tesi, a giudicare dal comportamento di questi personaggi, la risposta allo scomodo interrogativo iniziale sembra essere: «ovunque».
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