I medici del Gaslini: «Ora non dobbiamo perdere la speranza»

Il dodicenne è stato sottoposto a un intervento chirurgico di 5 ore ed è tenuto in coma farmacologico

I medici del Gaslini: «Ora non dobbiamo perdere la speranza»

(...) collezionate dal padre. Accanto a lui ci sono i genitori. La mamma è un’infermiera del Gaslini. L’episodio, sulla cui dinamica stanno indagando i carabinieri coordinati dal colonnello Marco Lorenzoni, è avvenuto lunedì pomeriggio. Alle 6 di sera, la mamma rientra a casa con il figlio minore che frequenta il catechismo in parrocchia. L’abitazione si trova al primo piano di un elegante edificio di via Gibilrossa, immerso nel verde di alberi e aiuole. Madre e figlio piccolo entrano in casa, ma nessuno risponde. Il bambino grande è nella sua camera, in terra c’è sangue dappertutto. La donna chiama il 118, i soccorritori arrivano subito, cercano di tamponare la ferita, il piccolo è esanime. Sembra una caduta, ma nel giro di pochi minuti il quadro si fa più chiaro. C’è quella vecchia pistola residuato bellico. Scatta la corsa al Gaslini, bastano pochi minuti dall’abitazione. I medici ricoverano il bambino e lo sottopongono nella notte a un difficile intervento di neurochirurgia durato cinque ore. Poi al paziente viene indotto il coma farmacologico. La situazione è gravissima. Intanto dall’ospedale parte la telefonata alle forze dell’ordine.
Ieri per tutta la giornata i carabinieri hanno cercato elementi per chiarire quello che può essere accaduto. «Non possiamo escludere alcuna ipotesi - ha spiegato il colonnello Lorenzoni - non abbiamo in queste prime ore elementi per escludere alcuna ipotesi, tranne, a quanto sembra, che a sparare sia stato proprio il bambino». Un tragico incidente, un gioco o un tentativo di suicidio sono le ipotesi al vaglio degli inquirenti, anche se a sentire le prime testimonianze di chi conosce bene il bimbo e la famiglia non esisterebbero motivi di malessere nel bambino che possono aver creato le basi per un gesto estremo. La giovane età e la situazione di serenità delle famiglia porterebbero a ipotizzare l’incidente.
«Resta da valutare la facilità con la quale il bambino è arrivato ad aprire il mobile dove il padre, collezionista armi da fuoco, tiene fucili e pistole e prenderne una carica - continua il colonnello Lorenzoni -. Stiamo effettuando tutti i rilievi e ascoltando i genitori con cautela, visto che sono sconvolti dal dramma che stanno vivendo».
Anche i medici sono molto cauti. «Ci siamo trovati di fronte a un evento traumatico molto grave - ha spiegato il primario di neurochirurgia Armando Cama - in pochi minuti il piccolo paziente è stato stabilizzato, sottoposto a una Tac e poi operato». Per poter conoscere l’esito dell’intervento, a meno di un aggravamento improvviso occorreranno alcuni giorni. L’intervento - in sala erano presenti due chirurghi, due anestesisti e tre strumentiste - si è sviluppato in due fasi: la riparazione delle lacerazioni al cranio e al cervello e l’ampliamento della scatola cranica per evitare la compressione, una tecnica abituale, spiega il chirurgo, nei casi di interventi intracranici.

Il coma farmacologico tiene il cervello a riposo e nel contempo viene monitorata la pressione intracranica. «Ora bisogna solo aspettare. Lavorando con i bambini la cosa che non dobbiamo mai fare è perdere la speranza».

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