I miei conti di ricco insegnante

Gentile Direttore,
sono ricco! Durante la trasmissione Ballarò, i ministri Bersani e Bindi hanno ripetutamente sostenuto che la «loro» finanziaria è intervenuta a favore dei redditi bassi e degli impiegati pubblici (che a loro dire hanno gli stipendi bassissimi), accusando il precedente governo di aver tolto ai poveri a favore dei ricchi. Per sapere se sono ricco o povero ho analizzato, pertanto, la dichiarazione dei redditi consegnata nel giugno scorso. Sono un insegnante monoreddito, con moglie e un figlio universitario a carico. Nella dichiarazione ho utilizzato le aliquote del 2005, riforma Tremonti, piuttosto che quelle del 2002, residuo della normativa Visco, perché più convenienti.
Era possibile, infatti, optare per la soluzione più favorevole. La riforma del precedente governo mi ha, quindi, abbassato le tasse e, secondo la teoria dei ministri Bersani e Bindi, sono ricco. Faccio i conti per vedere se lo sono ancora dopo la loro finanziaria. Ho un reddito lordo di 34.153 euro composto dallo stipendio da insegnante più altri redditi per diritti d'autore e corsi di formazione. Il reddito imponibile, sottratte le deduzioni, corrisponde a 29.268 euro. Deduzioni che comprendono gli interessi per il mutuo, la deduzione per la progressione dell'imposta e quella familiare. L'imposta lorda (Irpef) corrisponde a 7.059 euro che al netto delle detrazioni risulta 5.945 euro.
Applicando la riforma Prodi-Visco allo stesso reddito lordo l'imponibile risulta 33.299 euro, l'imposta lorda 9.027, l'imposta netta 5.905. Le differenze sono dovute alla diversa considerazione dei carichi familiari e della progressione del reddito: da deduzioni dall'imponibile a detrazione sull'imposta. Scopro che con la riforma Prodi-Visco risparmierò 40 euro di Irpef e mi preoccupo. Sono diventato povero? Ma no, mi sono detto. Figurati se la sinistra impoverisce gli insegnanti, per di più con famiglia e monoreddito. Il ministro Bindi ieri sera non ha fatto altro che enfatizzare l'intervento a favore della famiglia. Ciò nondimeno mi viene in mente che ci sono altre due imposte: l'addizionale regionale e quella comunale. Mi sono ricordato, allora, di una «battuta» del grande Totò in una scenetta in cui un cliente della sua pasticceria mangiava molte «pastarelle» e passando dalla cassa ne pagava una sola.
Lo ha ripreso dicendo: e no, caro amico, «è la somma che fa il totale». E allora andiamo a vedere quanto fa il totale. Con la riforma Tremonti ho pagato 263 euro di imposta regionale e 59 euro di imposta comunale per complessivi 322 euro. Con la nuova finanziaria avrei pagato 367 euro, 300 regionale e 67 comunale. Quindi con la nuova finanziaria verrei a pagare 45 euro in più di imposte locali. Sommando il tutto pago 5 euro in più. Il calcolo effettuato solo sul reddito da insegnante, detratti i diritti d'autore e i corsi di formazione, mi avrebbe comportato un aggravio di imposte di 12 euro. E già, dalle deduzioni alle detrazioni è aumentato l'imponibile.
Trascuro il fatto, infine, che pagherò 10 euro in più di tassa di proprietà dell'auto e altri balzelli di imposte indirette. Mi sono rassicurato e sono contento di essere rimasto ricco. La sinistra le tasse le ha aumentate solo ai ricchi.

Oppure, gentile Direttore, mi è sfuggito qualcosa? La prego, comunque, di comunicare questa mia contentezza ai ministri Bersani e Bindi. Gli insegnanti sono ricchi e, per favore, la smettano di pensare agli stipendi europei.
*insegnante

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